A inizio estate, in Puglia non c’erano focolai attivi, oggi sono 35, dei quali 19 individuati nella settimana dal 14 al 20 settembre. E’ quanto emerge da un rapporto Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri su dati rielaborati del ministero della Salute. Nella settimana tra il 29 giugno e il 5 luglio – si legge – in Puglia si contavano 0,25 casi di Covid ogni 100mila abitanti; nella settimana dal 14 al 20 settembre l’incidenza dei casi sulla popolazione è salita a 29,04. A sua volta in questo arco di tempo l’indice di contagiosità, l’Rt è salito da 0,51 a 1,03, sopra la soglia di sicurezza che è uno. In Puglia il 23% degli abitanti è over 65 anni e di questi il 39% con una o più malattie croniche ed il 21% con due o più malattie croniche.
In attesa di capire quanto possa incidere la riapertura delle scuole sull’andamento dell’epidemia una delle armi più efficaci per arginare la diffusione del virus resta il contact tracing. “I cacciatori di virus delle Asl addetti al contact tracing – si legge – sono riusciti a far partire il tracciamento dei contatti a rischio nel 100% dei casi. E questo con 1,4 addetti al tracciamento per 10mila abitanti, dotazione sopra lo standard minimo di riferimento che è di uno”. Però, “il rovescio della medaglia è che per 207 positivi accertati sui 546 della settimana non si è riusciti a risalire all’origine del contagio”. “Ed è un bel problema – spiega Antonio Miglietta, medico infettivologo, responsabile del servizio epidemiologia della asl Roma 2 – perché questo significa lasciare in circolazione persone contagiose che non sanno di esserlo. Però non è colpa nostra, ma di chi non rispetta le regole. Come fai a rintracciare i contatti di chi espone tutti a rischio perché non indossa mai la mascherina e non rispetta nessune delle regole basilari”.