L’invidia per la felicità altrui. È l’incredibile movente che avrebbe spinto uno studente di 21 anni, Antonio De Marco, a pianificare per giorni – forse settimane – nei minimi dettagli e poi a realizzare la brutale uccisione con decine di coltellate del giovane arbitro Daniele De Santis e della sua fidanzata, Eleonora Manta, trucidati a Lecce una settimana fa nella casa in cui erano appena andati a vivere insieme e nella quale per alcuni mesi avevano convissuto con il loro assassino.
De Marco è stato fermato ieri sera dai carabinieri all’uscita dall’ospedale di Lecce dove faceva pratica come infermiere. Non ha opposto resistenza, ha solo chiesto ai militari «da quanto mi pedinavate» e nel lungo interrogatorio notturno alla presenza anche del procuratore, Leonardo Leone De Castris, ha confessato. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, De Marco aveva programmato di bloccare i due fidanzati, legarli e torturarli prima di ucciderli, poi ripulire tutto e lasciare una scritta sul muro con un messaggio per la città. Ma non tutto è andato secondo i suoi programmi, e probabilmente per la reazione di Daniele e le grida di Eleonora alla disperata ricerca di aiuto è dovuto fuggire lasciando molte tracce dietro di sè. Tra queste, le fascette stringitubo che dovevano servire a legare i due per torturarli, soda e varechina portate per ripulire tutto e cinque bigliettini manoscritti con il meticoloso cronoprogramma dell’omicidio e la mappa del percorso da seguire per evitare di essere ripreso dalle telecamere di sicurezza.
Mappa che lo ha tradito, non solo perchè De Marco ha sottovalutato la portata e la definizione di alcune telecamere che lo hanno comunque ripreso anche se sul marciapiede opposto, ma anche perchè ha consentito agli investigatori di ripercorrere a ritroso tutto il tragitto fino alla sua nuova casa alla ricerca di altre immagini più nitide. Una perizia calligrafica sugli altri biglietti e la comparazione con i contratti d’affitto degli inquilini dell’appartamento, ha consentito di identificarlo. L’omicida è riuscito a disfarsi dell’arma, un grosso coltello da caccia comprato qualche giorno prima, di cui però ha perso il fodero sul luogo dell’omicidio. Per entrare in casa e sorprendere la coppia che era a cena, De Marco ha usato un duplicato delle chiavi che aveva fatto prima di lasciare l’appartamento. Aveva preso in fitto una stanza per una decina di mesi fino a fine agosto quando aveva lasciato l’appartamento di via Montello su richiesta di De Santis ed era andato a vivere in via Fleming condividendo la casa con un altro ragazzo. Per alcuni periodi aveva convissuto con Eleonora e Daniele che a volte si fermavano a dormire nell’altra stanza, ma pare che la convivenza non fosse facile, anche se non c’erano state liti vere e proprie. Poi i due fidanzati avevano deciso di andare a vivere insieme e dopo alcuni lavori, il 21 settembre si erano trasferiti, proprio il giorno in cui sono stati uccisi.
La ricostruzione dell’omicidio che emerge dal provvedimento di fermo è agghiacciante. Una volta entrato in casa l’assassino ha colpito per primo Daniele poi si è scagliato con ferocia sulla ragazza inseguendo entrambi mentre, invocando aiuto, tentavano di fuggire sul ballatoio e poi sulle scale dove li ha finiti con decine di coltellate. Secondo gli inquirenti, ha agito «con spietatezza e totale assenza di ogni sentimento di pietà» ,«per mero compiacimento sadico» in un contesto di «macabra ritualità» testimoniata anche dal fatto che sulla calza di nylon che indossava sul volto, De Marco aveva disegnato con un pennarello nero gli occhi e la bocca. Eppure, tutti quelli che lo hanno conosciuto, e anche i vicini di casa del suo paese, Casarano, dove abitano ancora i genitori, descrivono De Marco come un «bravo ragazzo». Di sicuro è una persona introversa, chiusa e con poche amicizie, che, secondo gli investigatori, avrebbe sviluppato una sorta di «invidia per la solarità, la gioia di vivere e la felicità della coppia». «Ho fatto una cavolata – ha detto De Marco quando è stato preso – So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia». (articolo Ansa)