Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca da ieri, 7 settembre, che porta al blocco per 30 giorni consecutivi delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi a Napoli e che comprende Puglia, Basilicata, Calabria e Campania, andando ad aggiungersi al divieto già attivo nel tratto da San Benedetto del Tronto a Termoli, dove si tornerà a mare il 15 settembre.
A darne notizia è Coldiretti Impresapesca nel sottolineare che è ripresa invece la pesca nel tratto dell’Adriatico da Trieste ad Ancona e da Manfredonia a Bari dove i pescherecci erano stati costretti a rimanere in porto già dal 31 luglio. Come lo scorso anno – spiega Coldiretti Impresapesca – in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata. Il fermo scade quest’anno in un momento difficile per il settore, duramente colpito dall’emergenza coronavirus con danni da 500 milioni di euro stimati da Coldiretti Impresapesca per effetto di produzione invenduta, perdite economiche derivanti dal crollo dei prezzi e dal deprezzamento delle specie ittiche a maggior pregio non richieste dalla ristorazione, ancora alla prese con una difficile ripartenza. Se il lockdown dei mesi scorsi ha già favorito il consumo di prodotto surgelato, che in 9 casi su 10 arriva dall’estero, il fermo aumenta ulteriormente il rischio, sottolinea Impresapesca Coldiretti, di ritrovarsi prodotto straniero nel piatto per grigliate,zuppe e fritture, soprattutto al ristorante dove il pescato viene servito già preparato, se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare.