Rinvenuti in siti paleolitici pugliesi alcuni resti che «testimoniano una presenza molto antica del cane, datata tra 14mila e 20mila anni fa». Lo rende noto l’Ateneo senese spiegando che si tratta «della scoperta, di fatto, del più antico cane italiano».
Il rinvenimento è avvenuto nei siti di Grotta Paglicci a Rignano Garganico (Foggia) e Grotta Romanelli a Castro (Lecce) ed è opera dell’unità di ricerca di preistoria e antropologia del dipartimento di scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università senese. Lo studio, frutto della collaborazione con altri enti nazionali e internazionali, è stato recentemente pubblicato sulla Scientific Reports. «Questa scoperta è di particolare interesse – spiega Francesco Boschin, archeozoologo dell’Università di Siena e coordinatore dello studio – in quanto i cani più antichi, riconosciuti con certezza dagli studiosi di preistoria, provenivano fino a ora da contesti dell’Europa centrale e occidentale datati a circa 16mila anni fa. I resti pugliesi rappresentano quindi, a oggi, gli individui più antichi scoperti nell’area mediterranea ma potrebbero rappresentare anche le prime testimonianze in assoluto del processo che ha portato alla comparsa del cane, il primo animale domestico». «Ulteriori ricerche – conclude l’Ateneo – potrebbero ora far comprendere il ruolo del cane nelle comunità paleolitiche, se possa quindi avere avuto una funzione nelle battute di caccia o di difesa degli accampamenti oppure un importante ruolo simbolico, che ha ancora oggi presso alcune popolazioni dove è considerato manifestazione terrena di spiriti o reincarnazione di defunti».