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Bari, al San Paolo chiude dopo 30 anni la pizzeria che dice no al pizzo: “Non accettiamo la sottomissione”

Pubblicato da: redazione | Sab, 25 Luglio 2020 - 10:42

Una chiusura che preoccupa. Dopo 30 anni la pizzeria Da Nicola del quartiere San Paolo di Bari, zona popolare con una forte influenza della criminalità organizzata, getta la spugna dopo essersi schierata tra le attività che rifiutano di pagare il pizzo. Nicola, Raffaele e Stanislao non si sono arresi ma scelgono di riprovare altrove.

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“Subire un’estorsione per gente che si guadagna da vivere con il proprio sudore, è qualcosa che difficilmente una persona può accettare. Noi non lo abbiamo fatto. Non ce l’abbiamo fatta. Non siamo riusciti ad accettare la visione di un futuro basato sulla sottomissione, sulla paura quotidiana che un individuo possa varcare per l’ennesima volta le porte del tuo locale per poter “mangiare”, ma che di cibo non si parla assolutamente”.

“Non esistono semplici parole che possono esprimere la nostra tristezza e sofferenza nel comporre questo messaggio. La pizzeria non era un semplice locale, una semplice ditta o impiego di lavoro, era un nostro progetto, un nostro sogno, la nostra vita”.

“Potremmo sfornare migliaia di aggettivi o di aneddoti  – spiega lo staff – per poter descrivere ciò che significava per noi quel locale, ma non basterebbe un giorno solo per poterlo fare. Poter fornire una spiegazione a ciò che è successo non è affatto semplice e, come tipico purtroppo del nostro quartiere, il silenzio e la chiusura improvvisa hanno creato solo una nebbia fitta di storie fantasiose e chiacchiericci inutili. In questi mesi ne abbiamo sentite tante di storie, di versioni e, soprattutto, di persone che improvvisamente si tramutavano in professori di vita, che sfornano giudizi sulle decisioni prese. La verità è che nessuno può comprendere gli stati d’animo e la criticità nel prendere una decisione in pochi attimi in quei momenti, in cui speri solo di poterti risvegliare da un brutto sogno”.

“E perché accettare tutto questo? per chi poi? Per qualche individuo che un bel giorno si alza dal proprio letto e decide che deve mangiare sul sudore e sul sangue di un povero Cristo, che a volte arriva a stento a fine mese? Questo non vuole essere un messaggio critico o colmo di rabbia poiché siamo consapevoli che purtroppo ci sono commercianti o imprenditori che sono costretti ad accettare e convivere con questa realtà, poiché magari pensano o credono non ci sia altra via. Noi vogliamo solo dire che c’è sempre un’altra via e soccombere non è una di quelle. Ribellarsi o ancora meglio unirsi in un’unica lotta, a volte potrebbe fare la differenza e magari un commerciante non sarà costretto a chiudere. Solo il tempo – rimarcano i gestori – dimostrerà se la nostra è stata una scelta giusta per il nostro futuro, ma in ogni caso non smetteremo mai di essere noi stessi e infine, magari, speriamo che il nostro gesto possa aver fatto riflettere qualcuno, ed essere spronato a fare la cosa giusta”. L’attività è stata chiusa da prima del lockdown e ieri gli ex gestori hanno voluto spiegare il perché in un post poi eliminato.

 
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