Il silenzio come valore assoluto, necessità impellente in tempi in cui troppo spesso viene soffocato dalla giungla urbana e sociale di ogni genere di rumore. «Forse solo il silenzio esiste davvero», diceva José Saramago. E allora anche la musica – le cui pause sono una parte fondamentale dello scorrere sonoro – può servire a riflettere sulla crisi sistemica e virale che ha colpito l’umanità. E diventare «silenzio udibile». È il tema proposto dal prossimo concerto del Collegium Musicum diretto da Rino Marrone, che martedì 30 giugno, nella Cattedrale di San Sabino di Bari alle 20,30 (ingresso libero sino ad esaurimento posti, con distanziamento) porterà in scena un impaginato incentrato sul «Silentium». In memoria delle vittime del Coronavirus.
Ad aprire la serata simbolica sarà un componimento poetico dello scrittore Enzo Quarto, «Elegia. Covid19», scritta per il Collegium. Così come una prima assoluta, commissionata dall’ensemble: «Lament», del compositore tarantino Giovanni Tamborrino, per orchestra d’archi. A seguire, «To a Dead Friend», per clarinetto e orchestra d’archi – solista Giambattista Ciliberti – della compositrice greca Eleni Karaindrou (prediletta da Theo Angelopoulos, per il quale ha composto le colonne sonore dei suoi ultimi sei film); infine, il Requiem K. 626 di Wolfgang Amadeus Mozart, nella versione per archi di Peter Lichtenthal.
È sempre prezioso l’apporto di un compositore come Tamborrino nel rileggere, attraverso i suoni, la realtà. «Sento la musica come una colonna sonora della vita, qualcosa che accompagna sempre la nostra esistenza», ama ripetere il noto autore, da tempo impegnato in una personale ricerca teatrale, denominata «opera senza canto». Ossia una musica che possa narrare e «drammatizzare», attraverso la collaborazione e l’apporto creativo dell’elemento attoriale. Un brano struggente come «Lament» è nato nelle ultime settimane, come una profonda e dolorosa riflessione sui tragici eventi di questi mesi. «Abbiamo vissuto un periodo di contrasto fortissimo – spiega il compositore -, in cui è stata potente la percezione di una temporalità completamente diversa. Noi artisti siamo spesso abituati a vivere una temporalità meditativa, ma non il resto del mondo, preso da una incontrollata frenesia del vivere. Questo brano, costruito su un intervallo di settima diminuita, vuole essere la caratterizzazione del tempo che abbiamo vissuto: la sofferenza per i lutti e il senso della perdita, che interroga le nostre coscienze».
Nel brano l’incedere dolente della musica sembra impersonare e vivificare gli stessi archi dell’orchestra, che si fanno anima musicale di un «silentium» rotto dall’emozione. «Avevamo bisogno di silenzio – afferma Tamborrino -, elemento che non può accompagnarsi alla velocità. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle lo spaesamento, l’incredulità, una frenata immediata. La natura ci dice di rallentare il metronomo della vita. Perché non è l’uomo che comanda. Così, “Lament” vuole essere drammaturgia sonora di un “racconto che si è spezzato”, come spiega Enzo Quarto nella sua “Elegia”, in un tempo lentissimo che non conosciamo più».