Il telescopio pSct, il più grande telescopio Schwarzschild-Couder, un prototipo dell’osservatorio di prossima generazione Cta, ha osservato la sua prima sorgente gamma, proveniente dalla Nebulosa del Granchio. Questo risultato, fondamentale per i futuri sviluppi di Cta, è stato possibile grazie a soluzioni tecnologiche innovative sviluppate in Italia dall’Inaf e dall’Infn.
Gli scienziati del consorzio internazionale Cherenkov Telescope Array (CTA) hanno annunciato alla comunità scientifica la rivelazione del segnale della Nebulosa del Granchio con il prototipo del più grande telescopio Schwarzschild-Couder (pSCT) mai costruito. La Nebulosa del Granchio, nota anche come Crab Nebula, e’ ciò che resta dell’esplosione avvenuta nel 1054 d.c. di una grande stella situata a 6500 anni luce di distanza da noi; attualmente è uno degli oggetti del cielo più brillanti alle alte energie dello spettro elettromagnetico ed è diffusamente impiegata come sorgente di riferimento in astronomia gamma.
“La rivelazione della Crab da parte del telescopio pSCT rappresenta un risultato importantissimo per l’intera comunità dell’astrofisica gamma delle alte energie.” commenta il prof. Francesco Giordano dell’Università di Bari, responsabile nazionale delle attività SCT per l’INFN. “I raggi gamma di altissima energia possono rivelare preziose informazioni sulla reale natura di oggetti estremamente complessi come buchi neri o addentrarsi in argomenti ostili come la materia oscura. La rivelazione del segnale della Crab è la dimostrazione che le nuove tecnologie sviluppate alla base del funzionamento di questo telescopio permetteranno di studiare il cielo gamma con una precisione senza precedenti, aprendo porte a nuove scoperte nella astrofisica gamma e multi-messenger”.
La collaborazione SCT è composta da un consorzio internazionale di università italiane ed americane, istituti tedeschi, messicani e giapponesi, dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Il progetto è finanziato dalla National Science Foundation americana e dagli enti italiani INAF e INFN.
“Il Dipartimento Interateneo di Fisica dell’Università e Politecnico di Bari, in collaborazione con la sezione di Bari dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare (INFN), è ampiamente coinvolto in questo progetto sin dal 2013 e lo coordina a livello nazionale.” – aggiunge il prof. Nicola Giglietto del Politecnico di Bari.
Il disegno del telescopio SCT si basa su un’innovativa ed estremamente tecnologica ottica “dual-mirror”, con grandi specchi di 9,7 metri e 5,4 metri di diametro. “Questa particolare tecnologia consente la focalizzazione delle immagini su una superficie ridotta rispetto a un telescopio delle stesse dimensioni a singolo specchio”, – sottolinea Elisabetta Bissaldi, ricercatrice del Politecnico di Bari. “Ed adoperando una camera ad elevata densità di pixel, costituiti da fotomoltiplicatori al silicio o SiPM, – continua – consente di avere la più elevata risoluzione angolare mai raggiunta per telescopi di tali dimensioni.”