Meno di cinque euro l’ora, mansioni differenti da quelle previste nel contratto e smart working negato durante l’emergenza coronavirus. La denuncia arriva dall’istituto oncologico Giovanni Paolo II di Bari, da parte di un dipendente (che vuole rimanere anonimo) assunto quasi sei anni fa nell’area del centro prenotazione Cup.
“Chi si ribella viene minacciato – si legge nella lettera inviata a Borderderline24 – ci hanno inquadrato come ‘vigilanza privata, servizi fiduciari’, a 4,70 euro l’ora ma nella sala d’attesa Cup trovi me: accetto le prenotazioni, incasso, gestisco i pazienti oncologici in queste condizioni di lavoro. Sotto gli occhi di tutti, anche del governatore della Regione Michele Emiliano che parla di eccellenza sanitaria pugliese”.
“All’inizio eravamo in quattro ora siamo 20 – ci racconta -. Dalla busta paga di 900 euro siamo arrivati a 4,70 euro l’ora per 40 ore settimanali. Non so come lo Stato possa permettere tutto ciò soprattutto nel settore della sanità”.
Il racconto. Assunto a marzo 2015 insieme ad altri tre operatori Cup nella categoria “portieri” con un contratto da 24 ore settimanali. “Ma per 5 anni ne abbiamo fatte 40, si giustificava il surplus con la voce ‘trasferta Italia’ pagata 5 euro l’ora”.
Dopo 5 anni di tensioni è cambiato l’appalto dell’oncologico di Bari. Un segnale di ripartenza che però si è subito fermato: “Ci hanno assicurato che avrebbero migliorato le cose, ma poco è cambiato”. “Anche durante l’emergenza coronavirus – conclude – non ci siamo fermati nemmeno un giorno. Abbiamo continuato a registrare e a rispondere alle chiamate da tutta la Puglia quando tutti gli altri Cup erano chiusi. Ci hanno negato lo smart working e ci hanno costretto a stare in 15 in una stanza di 20 metri quadri”.