Domenico Masciopinto, pregiudicato 33enne del clan mafioso Di Cosola di Bari, aveva vissuto il periodo di carcerazione per l’omicidio di Gaetano Marchitelli, il 15enne ucciso per errore a Bari-Carbonara nell’ottobre 2003, «come un tradimento degli altri sodali del clan sulla sua pelle» e per questo, dopo la scarcerazione nel dicembre 2017, il clan gli aveva regalato un kalashnikov «per fare la pace». A sostenerlo è il giudice delle indagini preliminari che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti.
La detenzione di quest’arma da guerra gli è costata un nuovo arresto. È uno dei particolari che emergono dall’ordinanza di custodia cautelare notificata a Masciopinto (in carcere) e ad Antonio De Finis (agli arresti domiciliari). «La cessione del Kalashnikov da parte di Vincenzo di Cosola (co-indagato, ndr) in favore di Masciopinto – spiega il gip Giuseppe De Benedictis – avvenne per sopire il risentimento di quest’ultimo verso Di Cosola per le sue dichiarazioni rese a seguito dell’omicidio Marchitelli». Negli atti si legge che dopo aver scontato 13 anni in cella per il delitto Marchitelli, Masciopinto avrebbe «dimostrato di voler conquistare uno spazio all’interno del clan anche grazie al credito maturato nei confronti degli affiliati, rappresentato dalla lunga carcerazione scontata senza aver mai ottenuto alcun beneficio e senza aver mai fatto rivelazioni di alcun tipo agli inquirenti. Ma anche perché invelenito dal fatto di non aver mai percepito dal suo clan di appartenenza un solo centesimo durante la sua lunga permanenza in carcere, fatto questo che generava una fortissima volontà di rivalsa e di vendetta e di un vero e proprio odio nei confronti soprattutto del suo accusatore, Vincenzo Di Cosola». (notizia Ansa)