Tra il 2 febbraio e l’11 aprile, mesi nei quali si è concentrata l’epidemia da Covid, i certificati medici di malattia arrivati all’Inps sono stati oltre 6,58 milioni con una crescita del 14% rispetto allo stesso periodo del 2019. Lo rileva l’Inps secondo cui la crescita nel periodo tra l’8 e il 14 marzo è stata del 110% per poi scendere al +59% nella settimana successiva. In Lombardia nella settimana 8-14 marzo i certificati sono cresciuti del 176%.
Nel complesso – segnala l’Inps – nelle 10 settimane di osservazione nelle regioni settentrionali si è registrato un incremento medio del numero di certificati di malattia del 24% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, contro variazioni nel Centro e nel Sud rispettivamente del 5% e del 2%:. Dopo aver raggiunto aumenti totali del 110% e del 59% rispettivamente nelle due settimane che vanno dall’8 al 20 marzo 2020 gli aumenti si sono ridotti fino ad attestarsi nella maggior parte dei casi su valori inferiori ai corrispondenti 2019 (rispettivamente -28% e -45% nelle due settimane tra il 29 marzo e l’11 aprile).
“È ragionevole ritenere – sottolinea l’Istituto – che le misure di contenimento adottate abbiano cominciato a dare i loro frutti a partire dalla fine di marzo, ed inoltre in periodo di lockdown, quando gran parte dei lavoratori ha svolto attività di smart-working, e sono state imposte rigide misure di distanziamento sociale, il diffondersi di malattie stagionali, anche diverse dal virus in esame, sia stato molto inferiore rispetto al 2019. È inoltre ipotizzabile che, in caso di malattia ordinaria, il dipendente abbia evitato di richiedere al medico curante la certificazione per il datore di lavoro, dovendo comunque rimanere presso il proprio domicilio: verosimilmente per malattie lievi si è cercato anche di limitare l’accesso fisico allo studio del proprio medico di base, per evitare possibili contagi sia durante la permanenza nelle sale d’aspetto, che durante la visita che il medico è tenuto ad effettuare prima di emettere il certificato”.
L’Inps riconduce il calo dei certificati per le donne nel settore pubblico all’utilizzo in periodi non di smart working del certificato per altri motivi. Nella settimana tra il 21 e il 28 marzo i certificati delle donne nel settore pubblico sono diminuiti del 36% sullo stesso periodo dell’anno scorso mentre nelle due settimane successive il calo è stato ancora maggiore.
“Sembrerebbe che per le donne del settore pubblico – sottolinea il Report – ci sia stata in periodo di epidemia addirittura una flessione nel numero di certificati inviati. Tale circostanza potrebbe suggerire che le assenze per malattia da parte delle donne del settore pubblico, in alcuni casi non sono riconducibili ad eventi morbosi, ma piuttosto a necessità di assenza dal lavoro per motivi famigliari”.
“Per quanto riguarda i ricoveri infine, è evidente – conclude – che la forte contagiosità del virus ha ridotto drasticamente il loro numero: solo in caso di estrema necessità infatti si è ricorso all’ospedalizzazione dei malati cercando di procrastinare eventuali ricoveri programmati, sia per evitare il diffondersi del virus tra reparti ospedalieri, sia per aumentare la capienza dei reparti dedicati alla cura del virus, e alle aree dedicate alla terapia intensiva di cui, purtroppo, si è verificata una estrema necessità”. (Ansa)