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Puglia, la protesta dei volontari del 118: “Da eroi ad associazioni considerate illegali”

Pubblicato da: redazione | Mer, 13 Maggio 2020 - 17:00

«Ci spiace tornare nuovamente su questo argomento e su queste polemiche, ma stigmatizziamo e rispediamo interamente ai mittenti le accuse piovute nuovamente, anche in piena emergenza, da parte di alcuni consiglieri regionali nei confronti delle nostre associazioni di volontariato definite in ogni modo e per  cui chiederemo conto nelle sedi opportune». Inizia così una nota delle tre organizzazioni regionali che raggruppano il 90% del mondo del volontariato in Puglia e cioè la Federazione delle Misericordie di Puglia, la Croce Rossa di Puglia e l’Anpas Puglia.

Le tre associazioni rispondono punto dopo punto alle nuove esternazioni di alcuni consiglieri regionali, fortunatamente non tutti, che hanno attaccato nuovamente le organizzazioni di volontariato per parlare del servizio di emergenza urgenza 118 di Puglia.

«Avremmo bisogno di una lettera molto più lunga per rispondere ai consiglieri che questi giorni si stanno prodigando per parlare del servizio di 118 in Puglia – spiegano le tre organizzazioni – ma di cui probabilmente non conoscono assolutamente nulla. Allora vogliamo sommessamente ricordare ai due consiglieri regionali che le stesse associazioni definite come “illegali” o “sfruttatrici”.

Sono le stesse che hanno creato il servizio 118 in Puglia molti anni fa, sono le stesse che hanno sviluppato e migliorato questo servizio sino a farlo diventare un fiore all’occhiello nazionale (basti vedere la rassegna stampa del 23 maggio 2019 ed i dati dell’ISTAT con cinque province nelle prime 10 per efficienza del sistema), sono le stesse in questa emergenza da Covid-19 hanno tutelato i propri volontari o dipendenti con forniture “vere” di dispositivi di protezione individuale rispetto magari alle forniture contingentate delle ASL.

Le associazioni hanno formato e continuano a formare i propri volontari all’azione sul campo anche in emergenze pandemiche come queste: la riprova è data dal fatto che nonostante il lavoro in prima linea non si segnalano focolai tra volontari e dipendenti del 118. Le associazioni di cui si parla in quelle note, evidentemente utilizzate più a scopo propagandistico che altro, sono le stesse che mettono a disposizione organizzazione e donne e uomini per le attività a supporto delle istituzioni: in questa emergenza per esempio hanno lavorato h24 per assicurare consegna di spese e buoni spesa, servizi di trasporto specializzato, monitoraggio delle temperature corporee e così via».

Misericordie, Croce Rossa e Anpas poi parlano proprio degli eroi che sono in campo in questa emergenza sulle proprie ambulanze: «A loro va il nostro più grande ringraziamento – spiegano – soci, dipendenti, volontari hanno messo a frutto in questi anni un meccanismo virtuoso che ha permesso di superare tutte le difficoltà sino a costruire un servizio efficiente a costi estremamente ridotti rispetto a molti servizi completamente pubblici. Ricordiamo sommessamente a tutti che le associazioni fanno enormi investimenti in termini di aggiornamento tecnologico di mezzi con ambulanze ed auto mediche sempre all’avanguardia e costantemente nuove.

Le nostre proposte sono già sul tavolo della Regione Puglia – ricordano le tre organizzazioni – abbiamo più volte chiesto di intervenire su questo argomento ma ascoltando la nostra voce. Anche noi abbiamo proposto una riforma che coinvolga non solo le figure professionali ma anche l’organizzazione: ad esempio sarebbe opportuna la costituzione di una sesta centrale operativa in Puglia che copra la Provincia BAT al momento scoperta ed in capo alla centrale operativa di Bari. Ma la Regione sa bene quello che noi chiediamo per tutto il sistema e per la tutela anche dei nostri ragazzi».

Le tre organizzazione di volontariato pugliesi hanno voluto concludere la lunga lettera con un’altra tegola che sta cadendo sulla testa di migliaia di operatori impegnati durante l’emergenza Covid-19: «Alle esternazioni dei consiglieri regionali della Puglia – spiegano – dobbiamo purtroppo aggiungere gli effetti del DPCM del 26 aprile scorso sulla cosiddetta fase 2 ed in particolare il protocollo per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro. Tantissimi dei nostri volontari, in sostanza, dopo aver lavorato senza sosta per le istituzioni sono stati scaricati e non possono tornare al lavoro o saranno costretti a lasciare completamente l’attività di volontariato.

Le nostre organizzazioni nazionali hanno chiesto una semplicissima modifica a quel protocollo in cui si possa chiarire in modo chiaro se la propria attività durante l’emergenza Covid-19 sia avvenuta o meno in totale sicurezza e con dispositivi di protezione individuale idonei. Attendiamo molto sfiduciati – concludono i presidenti delle tre associazioni – l’intervento anche in questo delicato contesto. In alternativa nei prossimi giorni potrebbe esserci una protesta senza precedenti di oltre 2400 associazioni e 300mila volontari sparsi in ogni parte d’Italia con una un’interruzione, necessitata e integrale, del servizio di trasporto in emergenza e urgenza e, più in generale, dei servizi socio-sanitari assicurati dalle nostre Associazioni avvalendoci del ruolo prevalente dei nostri volontari».

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