“Sono serena – ha raccontato Silvia Romano, arrivata in Italia oggi dopo la liberazione, ai magistrati a Roma e agli inquirenti del Ros – e durante il sequestro sono stata trattata sempre bene. Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa, e così è stato. In questi mesi sono stata trasferita frequentemente e sempre in luoghi abitati e alla presenza degli stessi carcerieri”.
L’indagine è in corso. Secondo gli inquirenti la giovane “Si è convertita all’Islam, la conversione potrebbe essere frutto della condizione psicologica in cui si è trovata”. Ipotesi smentita dalla stessa Romano.: “è successo a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata” definendo la sua conversione all’Islam “spontanea e non forzata”.
Sul suo rapimento i magistrati di piazzale Clodio hanno avviato una indagine che nei mesi si è avvalsa delle collaborazione sia delle autorità kenyote che di quelle somale. Per chi indaga la prima fase del sequestro è stata gestita da una banda composta da 8 persone che avrebbe poi ceduto la ragazza a gruppi islamisti legati a Al Shabaab in Somalia.
Silvia Romano, che lavorava come cooperante in Kenya per la onlus marchigiana Africa Milele, era stata rapita il 20 novembre 2018 nel poverissimo villaggio di Chacama, a circa ottanta chilometri dalla capitale Nairobi.
(Foto Facebook Conte)