Le mascherine chirurgiche, quelle per cui è stato imposto un prezzo massimo di 50 centesimi, «sono diventate introvabili». Lo confermano alcuni farmacisti pugliesi evidenziando che anche per loro «è impossibile pagarle a quel prezzo, mentre la gente pretende di pagarle quanto ha sentito dire da Conte nel discorso in tv, e ci accusa di voler speculare». «In realtà – sottolinea il titolare di due farmacie, in provincia di Bari e di Foggia – dalle mascherine non è stata tolta l’Iva al 22%, quindi il prezzo al quale è possibile venderle è a 61 centesimi. Ma gli unici che ci consentono un minimo di guadagno sono i grossisti, che le vendono a noi a 40 centesimi, ma ormai hanno esaurito le scorte».
«Ieri – aggiunge il farmacista – ne ho avute solo 50 e le ho vendute in cinque minuti. Oggi me ne arrivano altre 30 e sono già tutte prenotate». I farmacisti denunciano anche «molta confusione sulle pratiche di rimborso per ottenere dal governo la differenza di prezzo delle mascherine che, ad esempio, erano già in magazzino prima che fosse fissato il prezzo di 50 centesimi, o di quelle che sono »costretti a pagare anche tre euro e a rivendere a molto meno«. »Quelle che avevamo – sottolineano – le abbiamo pagate 1,50 centesimi e le abbiamo vendute a 61 centesimi, tra le proteste dei clienti. Ora dobbiamo sperare che il governo, chissà quando, ci rimborsi«. La dottoressa Valeria Berrino, titolare della Farmacia San Nicola, nel centro di Bari, spiega che »la pratica per il rimborso è complicatissima«. E aggiunge di aver trovato con difficoltà una confezione di mascherine chirurgiche a 50 centesimi e di averle vendute tutte »al prezzo di costo«. »Però – precisa – non lo farò più, infatti sto puntando su quelle lavabili e certificate con il marchio Ce: le prendo da un’azienda dell’Abruzzo a 3,60 euro più Iva e le vendo a circa 8 euro: per me – conclude – questo è il futuro, anche perché quelle chirurgiche andrebbero buttate dopo quattro ore«