L’uomo si ferma e la natura si riprende i propri spazi. È quanto emerge dai dati diffusi dagli esperti nel corso delle ultime settimane e confermati da una lettera inviata negli scorsi giorni da un gruppo di ambientalisti all’Unione Europea. Le immagini, in particolare quelle scattate dall’Agenzia Spaziale Europea nel corso delle ricerche di monitoraggio per le emissioni di diossido di azoto in Italia, parlano chiaro: da circa un mese e mezzo, in tutto il mondo, si fotografano fiumi e canali limpidi (per esempio a Venezia), animali liberi che si riappropriano del mare e del suolo, ancora troppo spesso occupati dall’uomo.
Anche la stessa regione Puglia, guardando le immagini, risulta fortemente risanata in seguito allo stop forzato di gran parte delle attività sul territorio. Le restrizioni alla circolazione introdotte per contenere il contagio del Covid-19, hanno dunque avuto un forte impatto sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico e ambientale. L’evidenza risulta particolarmente alta per il diossido di azoto, ma anche per quanto riguarda la diminuzione delle emissioni di particolato da traffico automobilistico (nonostante ci sia stato, però, un aumento delle emissioni dovute all’utilizzo del riscaldamento domestico a causa della maggiore presenza di persone in casa).
L’aria delle città è più pulita e ciò è indubbiamente una buona notizia; ma cosa accadrà ad emergenza rientrata? Il direttore del Servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernico, Vincent-Henri Peuch, ha spiegato che questa situazione non ha valore definitivo: “Non credo si possa attribuire un significato a lungo termine a questa diminuzione – ha dichiarato il luminare – Tuttavia, a breve termine, penso che questi decrementi siano utili. L’inquinamento dell’aria sta minando, in generale, la salute cardio-polmonare della popolazione, quindi un livello ridotto di inquinamento in un momento in cui il virus è in circolazione, non può che essere una buona cosa”. Sul punto è intervenuta anche l’organizzazione mondiale della sanità, spiegando che inquinamento ed espansione dei contagi sono spesso strettamente connessi: lì dove l’equilibrio tra uomo e microbi viene alterato da fattori esterni, quali cambiamenti del clima e degli ecosistemi, è verosimilmente più difficile contenere il contagio.
Di fatto, dunque, maggiore è il livello di inquinamento atmosferico e ambientale, maggiori sono i rischi di epidemie virali. A testimoniare quanto dichiarato dall’OMS, ci sono virus particolarmente gravi come HIV, Ebola, ma anche altri della famiglia coronavirus come SARS e MERS. La diffusione dei virus è, secondo alcuni, la risposta della natura alla presa di posizione da parte dell’uomo e, vista la situazione, non dovrebbero essere sottovalutate tutte le probabili conseguenze riguardanti il presente, ma anche il futuro più prossimo. “Tre coronavirus in meno di vent’anni rappresentano un forte campanello di allarme”.
Sono fenomeni legati anche a cambiamenti dell’ecosistema: se si interviene su un ecosistema e, nel caso, lo si danneggia, questo troverà un nuovo equilibrio e ciò può anche comportare conseguenze patologiche per gli esseri umani” – ha spiegato la virologa Ilaria Capua, a capo di uno dei dipartimenti dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida. In sintesi, secondo gli esperti, se a emergenza rientrata si continuerà a vivere con gli stessi ritmi del pre-pandemia, senza trovare soluzioni utili a far vivere in simbiosi uomo e natura, gli impatti sulla salute, oltre che sull’ambiente, potrebbero essere disastrosi.
(Foto: Pixabay)