Tutto fermo per coronavirus ma le fabbriche continuano a produrre. Nella zona industriale di Bari cresce il malcontento tra i 2mila dipendenti dello stabilimento Bosch che convivono con il dilemma del capitalismo tra salute e profitto: “Che senso ha stare 16 ore a casa e 8 ore a lavoro con 2mila persone?”, racconta l’operaio metalmeccanico Antonio Sasso, in un’intervista alla pagina Vostok100k.
La fabbrica si fermerà solo venerdì per la sanificazione degli ambienti ma nel frattempo sono stai chiusi gli accessi a spogliatoi e sala mensa in modo da ridurre i contatti personali. Nel protocollo attuale, racconta, l’azienda offre in dotazione le mascherine solo nei reparti in cui la distanza di sicurezza non è garantita. Nelle altre zone dello stabilimento i lavoratori hanno dovuto acquistare guanti e mascherine in autonomia.
“Nel mio reparto – aggiunge Sasso – le distanze vengono garantite ma può capitare un guasto alla macchina e mentre sistemiamo gli ingranaggi dobbiamo stare vicini, è inevitabile. La tutela al 100% non c’è, minimizzare i rischi è un conto ma azzerarli è diverso”. “Ho provato molta rabbia all’intervento di Conte e dei ministri. Il decreto “Io resto a casa” si limita alla proposta di cassa integrazione lasciando la discrezionalità all’azienda che preferisce produrre piuttosto che fermarsi”.