Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, rispettivamente ex presidente ed ex co-direttore generale della Banca Popolare di Bari, agli arresti domiciliari dallo scorso 31 gennaio nell’ambito dell’indagine della Procura di Bari sulla gestione nell’ultimo decennio dell’istituto di credito, portato sull’orlo del crac con un buco di circa 2 miliardi di euro.
Agli indagati il procuratore aggiunto Roberto Rossi e i sostituti Federico Perrone Capano e Savina Toscani contestano, a vario titolo, i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. I due, nell’interrogatorio di garanzia dinanzi al Gip del Tribunale di Bari che ha firmato l’ordinanza di arresto, Francesco Pellecchia, hanno scelto di non rispondere alle domande. Nell’inchiesta sono indagate complessivamente nove persone. La misura cautelare ha riguardato anche Elia Circelli, responsabile della Funzione Bilanci della banca (ai domiciliari) e l’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis Figarola (interdetto per 12 mesi). Circelli è ora sottoposto ad interrogatorio. De Bustis sarà interrogato nei prossimi giorni.
«Ci sono 41.000 ragioni per avvalersi della facoltà di non rispondere. Ieri abbiamo avuto il carteggio, 41mila pagine, non credo che si potesse governare un materiale così. Certo loro hanno protestato la loro estraneità ai fatti comunque, sia il dottor Marco Jacobini che il dottor Gianluca Jacobini, e si sono riservati ovviamente di rendere poi un interrogatorio in modo più compiuto allorquando avranno la padronanza del materiale che la Procura ha acquisito». Lo ha dichiarato l’avvocato Francesco Paolo Sisto, difensore con il collega Giuseppe Iannaccone dell’ex presidente della Banca Popolare di Bari Marco Jacobini, agli arresti domiciliari dallo scorso 31 gennaio e che oggi, nell’interrogatorio di garanzia, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non ha risposto anche il figlio, Gianluca Jacobini, difeso dagli avvocati Giorgio Perroni e Guido Carlo Alleva, di cui Sisto è sostituto processuale. «E’ chiaro che è una misura cautelare che noi reputiamo non giustificata – ha detto il legale – dal punto di vista sia del merito assoluto della struttura sia delle esigenze cautelari. Ovviamente andremo al Tribunale della Libertà perché qualcuno stabilisca se, in una banca commissariata, persone che sono fuori da questa banca da tempo abbiano una qualche necessità di una misura cautelare così incisiva. Con molto garbo, con molto rispetto, con molta tranquillità ognuno fa il suo ruolo. Il compito del giudice – ha concluso Sisto – è quello di verificare se le misure cautelari sono state correttamente applicate indipendentemente dalla pancia e da quello che la folla chiede».