Sulla circolare del Comando Generale dei Carabinieri n. 912001-1/T-1-5-1/Pers. Mar. del 14.5.2018 “Pianificazione delle procedure d’impiego e limiti di permanenza massima nei comparti di specialità” il sindacato dei carabinieri Unarma chiede al Ministero la modifica o l’abrogazione della circolare.
“La circolare sopra richiamata – si legge in una nota – prevede una permanenza massima di 15 anni, dei militari di alcuni reparti speciali dell’Arma dei Carabinieri e per la precisione:
1. Comando Carabinieri per la Tutela della Salute;
2. Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale;
3. Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro;
4. Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria;
5. Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale;
6. Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare.
Mentre non prevede la stessa procedura di trasferimenti per gli altri reparti speciali come di seguito indicati:
7. Raggruppamento Operativo Speciale (ROS);
8. Raggruppamento Aeromobili Carabinieri;
9. Comando Carabinieri Banca d’Italia;
10. RACIS – Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche”.
L’associazione sindacale ritiene che “la procedura, così come attuata, porterebbe ad una riduzione dei già scarni organici, alla depauperazione della professionalità dei militari impiegati in complessi compiti di polizia giudiziaria, nonché ad un aggravio di spesa pubblica costringendo a prevedere corsi di addestramento di nuovi militari che non saranno subito pronti a svolgere il proprio lavoro. La circolare stessa palesa la carenza di organico nei comparti di specialità ed invece di prevedere corsi per nuovo personale, indica il trasferimento ai reparti territoriali degli specializzati”.
Si condanna “il diverso trattamento riservato ai militari, con il trasferimento di alcuni specializzati dopo 15 anni di servizio, che non viene applicato né ai reparti di cui ai punti 7, 8, 9, e 10, sopra richiamati, né tanto meno agli altri militari dell’Arma territoriale, unitamente ad una “immunità” riconosciuta di chi si trova a meno di 5 anni dal collocamento in quiescenza, nonché alla possibilità del comandante di corpo di decidere se concedere una proroga annuale in piena discrezione e senza motivazione scritta, a parere degli scriventi, palesa una violazione dell’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Secondo il sindacato ci sarebbe anche “la mancanza di una vera motivazione che andrebbe in contrasto con il dettame dell’art.3 della legge 241/1990, anche in considerazione del fatto che i militari prorogabili al trasferimento dei 15 anni devono avere la massima qualifica caratteristica nell’ultimo quinquennio, mentre le interpellanze per l’accesso ai reparti speciali prevedono per gli aspiranti specializzandi una qualifica caratteristica minima di “nella media”.
“Da quanto appreso – continua il sindacato – inoltre nel personale serpeggia malcontento, in quanto tale procedura di trasferimento è altamente squalificante, avvilente e demotivante e sta portando a situazioni lavorative stressanti che, anche in considerazione dei recenti avvenimenti di cronaca, solleciterebbero ulteriormente la psiche del personale che svolge un lavoro di per sé logorante. Si rammenta inoltre che, molto spesso i militari, per motivi di regolamento, vivono lontano dai propri familiari, con conseguenze anche economiche, atteso che il cambiamento degli orari di lavoro in molti casi potrebbe comportare il pagamento di persone addette all’accudimento dei propri figli. Per quest’ultimo punto si chiede un intervento del Ministro del Lavoro, teso a verificare eventuali carenze dei datori di lavoro nella valutazione del rischio, previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche, ove si prevede, tra le altre cose, la valutazione del rischio da stress da lavoro correlato. Con la presente – conclude – si chiede alle autorità preposte di voler valutare una proposta di abrogazione della circolare in questione”.