Un soggetto nuovo, a capitale misto pubblico-privato, che raccolga sotto di sé non solo la Popolare di Bari ma anche altri istituti di credito di piccole dimensioni del Sud. L’ipotesi, prevista dal decreto in fase di conversione in Parlamento, si sta delineando in questi giorni per dare vita a un polo bancario in grado di stare da solo sul mercato e prevenire le crisi degli istituti minori.
La newco, controllata da Mediocredito Centrale, avrebbe vertici autonomi specializzati nella guida di banche commerciali aprendosi a fusioni con altri gruppi. Il piano, che non sarebbe sgradito alla vigilanza, prevede appunto che questo nuovo soggetto possa aggregare altre banche del Mezzogiorno che già versano in condizioni difficili o comunque siano esposte a una concorrenza sempre più agguerrita da parte dei gruppi maggiori e dell’evoluzione tecnologica. Solo un gruppo di una certa dimensione, si ragiona in diversi ambienti finanziari e politici, è in grado di raggiungere quell’economia di scala per gli indispensabili investimenti nel fintech ed essere in grado di non pesare ulteriormente sulle casse pubbliche. Fra i nomi che circolano ci sono la Banca Agricola Popolare di Ragusa, alle prese con una pesante eredità di crediti deteriorati, la Popolare Sant’Angelo, la Popolare Vesuviana ma l’elenco non è né certo né esaustivo. L’aggregazione sarebbe agevolata da due fattori: il decreto della scorsa estate che prevede facilitazioni fiscali per le imprese che si fondono nel Mezzogiorno e la presenza dello Stato nel capitale. Proprio i dubbi sulla situazione della Bari e la sua governance avevano, nei mesi scorsi, bloccato eventuali operazioni di aggregazione pure auspicate dagli allora vertici dell’istituto pugliese. Dopo l’intervento pubblico il quadro è così cambiato e anche dei soggetti più timorosi di perdere le propria indipendenza potrebbero convincersi. La soluzione sarebbe anche vantaggiosa per Invitalia-Mcc, che non hanno esperienze nella gestione di banche commerciali. La newco, ripulita dagli Npl affidati ad Amco, avrebbe così vertici e guide operative specializzati in tale comparto, che dovrebbero innanzitutto puntare al break even in modo da non pesare sulle casse pubbliche con nuove richieste di capitale e poi sviluppare ulteriormente il neo gruppo. Ci sono diversi ostacoli comunque da superare. Innanzitutto la resistenza delle banche locali a fondersi in un soggetto controllato dallo Stato. La rischiosità dell’operazione per le casse pubbliche nel ritorno di uno Stato banchiere aggregatore (Mps infatti è un soggetto pubblico “a termine” che dovrà tornare sul mercato) che potrebbe inoltre portare ai rilievi da parte dell’Antitrust Ue o della Bce.