Lo stanziamento di 70 milioni di euro da parte del ministero dei Trasporti a favore di Ferrovie del Sud Est (Fse) e la cessione di sue partecipazioni in Fse a Ferrovie dello Stato Italiane costituiscono aiuti di Stato non notificati alla Commissione europea. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue, che oggi si è espressa sul ricorso presentato da Arriva Italia e altre società di trasporto pubblico contro il decreto del gennaio 2016 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Nell’ottobre 2016, Arriva Italia e altre società di trasporto pubblico e ferroviario avevano fatto ricorso al Tar del Lazio contro la decisione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti del gennaio dello stesso anno, che prevedeva lo stanziamento di 70 milioni di euro a favore di Fse e il trasferimento dell’intera sua partecipazione in Fse a Fsi, il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia. In cambio, Fsi non ha versato alcun corrispettivo ma si è impegnata a rimediare ad ogni disequilibrio patrimoniale di Fse. Secondo le società ricorrenti, che avrebbero voluto acquistare Fse, le misure previste dal decreto costituirebbero un aiuto di Stato illegale in quanto non notificato alla Commissione né da questa approvato. Il Tar ha respinto il ricorso di Arriva Italia, la quale ha impugnato il provvedimento davanti al Consiglio di Stato, che a sua volta si è rivolto alla Corte di giustizia Ue. Con la sentenza odierna, i giudici del Lussemburgo hanno stabilito che entrambe le misure previste dal decreto ministeriale costituiscono aiuti di Stato, anche se spetterà al giudice nazionale stabilire chi ne sia il beneficiario effettivo, cioè se Fse o Fsi. Secondo la Corte, poiché gli aiuti in questione non sono stati notificati alla Commissione europea come previsto dalla giurisprudenza comunitaria, sarà il giudice italiano a doverne trarre le conseguenze attraverso l’applicazione del diritto nazionale, sia per quanto riguarda l’invalidità degli atti sia per il recupero della somma stanziata a favore di Fse.