Liste di attesa lunghe se non si va dal privato. A parlare sono le ultime rilevazioni dal 7 all’11 ottobre, riportate dal consigliere regionale Fabiano Amati. “Dalla comparazione tra l’attività istituzionale e quella libero-professionale riferita alla settimana indice 07-11 ottobre 2019, ancora una volta leggiamo una situazione insostenibile, in particolare al Policlinico. La media dei giorni di attesa per una prestazione a pagamento è nettamente inferiore rispetto alla stessa prevista dall’attività istituzionale. Ecco perché serviva la nostra proposta di legge, purtroppo sabotata”.
La scorsa settimana, analizzando i tempi di attesa riferiti sempre alla settimana indice 07-11 ottobre 2019, ne è risultato che per alcune prestazioni, la percentuale di prenotazione entro i tempi è rimasta inferiore al 50% e spesso addirittura al di sotto del 20%. Oggi, il confronto tra prestazioni istituzionali e a pagamento rivela che le file al CUP continuano a essere molto lunghe e che l’attività libero-professionale mantiene invece carattere di brevità. Per esempio, dal riepilogo regionale sul monitoraggio dei tempi d’attesa, emerge che per una prima visita cardiologica, per una prenotazione con classe di priorità B (da eseguire entro i 10 giorni) occorre aspettare in media 31 giorni, per una prenotazione con classe di priorità D (da eseguire entro 30 giorni se riferita ad una visita specialistica, da eseguire entro 60 giorni se riferita ad una prestazione strumentale) bisogna attendere 72 giorni, ma – quasi miracolosamente – i giorni di attesa diventano solo 8 se la visita è a pagamento.
E ancora, per una risonanza magnetica dell’addome inferiore, la media dei giorni di attesa è di 116 per prestazioni con classe di priorità B, di 31 per prestazioni con classe di priorità D e di soli 3 giorni se a pagamento. L’elenco è davvero lungo. Per una visita di chirurgia vascolare bisogna attendere 125 giorni contro i 4 in regime libero.
Tra le situazioni più problematiche quella del Policlinico di Bari. Per una colonscopia bisogna attendere 417 giorni contro i 10 se si procede in regime privato.
“Insomma, questi casi a titolo esemplificativo – spiega Amati – scelti tra i più eclatanti e scandalosi, servono a dimostrare che lo stato delle liste d’attesa in Puglia continua a essere imbarazzante. Un modo per cambiare rotta esiste, e da mesi stiamo cercando di spiegarlo – conclude –. Basterebbe attuare le norme nazionali che prevedono la sospensione dell’attività a pagamento qualora i tempi di attesa tra attività istituzionale e a pagamento siano completamente diversi: su questo continuerò la mia battaglia, perché non si può tollerare che i cittadini debbano sopportare lunghe file al CUP o sborsare chissà quali cifre in nome del diritto alla salute”.