Il gup del Tribunale di Bari Maria Teresa Romita ha condannato 36 persone a pene comprese tra i 16 anni e i 4 mesi di reclusione e ne ha assolte tre nel processo di primo grado su estorsioni, traffico e spaccio di droga, tentati omicidi, detenzione di armi e furti di auto e moto a carico di affiliati dei clan Mercante e Strisciuglio di Bari.
La sentenza è stata emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato. Le condanne più elevate, a 16 anni di reclusione, sono state inflitte ai pluripregiudicati Alessandro De Bernardis e Domenico De Caro. Altri sette imputati sono attualmente a processo con il rito ordinario, tra i quali il boss Giuseppe Mercante, soprannominato ‘Pinuccio il drogatò.
Stando alle indagini della Polizia, coordinate dai pm della Dda di Bari Lidia Giorgio e Giuseppe Gatti, tra il 2013 e il 2014 i due gruppi criminali, all’epoca in conflitto tra loro per il controllo delle attività illecite nel quartiere Libertà di Bari, avrebbero costretto numerosi commercianti del rione a pagare il pizzo, fino a 2mila euro al mese (nella maggior parte dei casi non denunciato), rubato moto e auto parcheggiate in strada o all’interno di strutture come la Fiera del Levante e il Policlinico di Bari per poi chiedere centinaia di euro per la restituzione dei mezzi. Agli atti c’è l’episodio di un medico del Policlinico che chiamò il boss Mercante per riottenere i due motorini che gli erano stati rubati. Nel corso delle indagini furono sequestrate armi e droga e rinvenuto il libro mastro della droga con appunti manoscritti indicanti i quantitativi di stupefacente venduto e le relative somme di denaro. Sono circa 200 gli episodi di spaccio documentati, nei quali la droga veniva di volta in volta chiamata «candele bianche», «cuccioli», «bistecche», «birre», «scarpe» e «medicina».