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Da Bari tre articoli per la rivista scientifica “Nature”: nuovi studi sui raggi gamma

Pubblicato da: redazione | Mer, 27 Novembre 2019 - 13:44

Sono le 20 e 57 minuti (21:57 in Italia) di ieri, 26 novembre, quando alla Pennsylvania State University il satellite Swift riversa un lampo gamma molto luminoso e ne fornisce le coordinate. L’evento viene soprannominato GRB 190114C (il numero indica la data della scoperta). Proviene della costellazione della Fornace, nel cielo australe. Quasi contemporaneamente, l’evento straordinario, viene segnalato dal satellite Fermi a due telescopi dell’osservatorio Major Atmosferico Gamma Imaging Cherenkov (MAGIC), situato a Las Palma, Isole Canarie, in Spagna. Nel giro di una manciata di secondi i pesanti telescopi riescono ad orientare le due parabole di 17 metri nella direzione indicata e a cogliere per la prima volta una straordinaria emissione di raggi gamma di altissima energia (le esplosioni di raggi γ o GRB – Gamma Ray Burst – possono rilasciare in un secondo la quantità di energia che il Sole produrrà durante la sua intera vita). E’ l’inizio di una nuova era per lo studio dei raggi gamma.

Tali osservazioni hanno impegnato e impegnano tutt’oggi gli scienziati di tutto il mondo. Non si sottraggono i ricercatori e docenti del Dipartimento Interateneo di Fisica di Bari che fanno capo all’Università di Bari “Aldo Moro”, al Politecnico di Bari e all’INFN e che hanno contribuito a pubblicare tre articoli sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature” dello scorso 21 novembre (un quarto che sarà pubblicato su “Astrophysical Journal”).

Tra gli autori, il professore Nicola Giglietto, responsabile per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), della collaborazione MAGIC e professore di Fisica Generale del Politecnico di Bari nel Dipartimento Interateneo di Fisica, spiega l’importanza di questa osservazione, che ha prodotto i tre articoli sul numero di “Nature”. “I Gamma Ray Burst (GRB) sono dei brevissimi lampi nel cielo, scoperti circa 50 anni fa. Si pensa che questa emissione, visibile come raggi X e gamma, sia connessa alla fine di stelle molto massicce o alla fusione di stelle di neutroni.

Nel processo di collasso dell’oggetto iniziale, che darà luogo ad un buco nero, si ha una rapida emissione di “jet” di particelle di durata tipicamente intorno al minuto. Dalle osservazioni da satellite degli ultimi decenni, abbiamo capito che questa emissione è seguita da una successiva emissione, prolungata e spesso visibile a energie più basse, la cui osservazione richiede il coordinamento del maggior numero possibile di telescopi.

Tuttavia proprio questo coordinamento è complesso: i satelliti hanno poche decine di secondi per valutare se il segnale osservato è un possibile GRB, mandando quindi un segnale di allerta ai telescopi, i quali dalla Terra devono puntare verso le coordinate dell’oggetto sperando di avere anche buoni condizioni osservative (di notte, cielo sereno ecc.).

Gli articoli pubblicati la settimana scorsa su “Nature” mostrano le osservazioni di due GRB ad altissima energia. Il primo GRB è avvenuto il 19 gennaio 2019, ed è stato inizialmente “catturato” dai satelliti NASA Swift e Fermi, quest’ultimo costruito con il supporto dell’INFN. In questo GRB si è osservata per la prima volta un’emissione di altissima energia, migliaia di miliardi di volte più energetica della luce visibile, stabilendo quindi una nuova frontiera di osservazione di questi oggetti.

L’osservazione complessiva, integrata dalle altre informazioni ricevute da una dozzina di telescopi in giro per il mondo, ha inoltre permesso di esaminare la luce nelle sue varie lunghezze d’onda e stabilire il meccanismo di interazione che è alla base dell’osservazione: questa interpretazione è riportata nel secondo articolo sullo stesso numero di Nature.

Un terzo articolo sempre sullo stesso numero di Nature presenta invece osservazioni di un differente lampo di raggi gamma, che entrambi i satelliti Fermi e Swift hanno precedentemente rivelato il 20 luglio 2018.

“Cosa ancor più notevole è il fatto che l’emissione è durata quasi un paio d’ore dall’inizio dell’osservazione” spiega la dott.ssa Elisabetta Bissaldi, ricercatrice del Politecnico di Bari e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Bari, autrice di questo e di altri articoli apparsi su “Nature”. “Catturare questa emissione così a lungo dopo la rilevazione del GRB è sia una sorpresa che un’importante nuova scoperta.”

Il prof. Nicola Giglietto così conclude: “Il nostro gruppo costituito da ricercatori del Politecnico di Bari, dell’Università di Bari e dell’INFN, opera da anni nel Dipartimento di Fisica nel contesto dei raggi cosmici e gamma ed è sempre intensamente coinvolto in questi team internazionali e attualmente opera alla nuova iniziativa che ha iniziato la costruzione della futura rete di telescopi denominato CTA, che aumenterà ulteriormente le nostre capacità osservative”.

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