Quasi seimila viadotti, ponti o gallerie, solo a contare quelli delle regioni a statuto ordinario (di cui quasi duemila di «priorità 1») con la necessità di interventi sulle strutture; altre 14 mila opere su cui procedere con indagini tecnico diagnostiche urgenti. Sono i dati di un report realizzato dall’Unione province italiane (Upi) a partire dall’agosto del 2018, all’indomani della tragedia del ponte Morandi, quando venne chiesto un monitoraggio urgente sugli oltre 30.000 opere in gestione. Dati che tornano d’attualità dopo il crollo del viadotto dell’A6 per un frana nel savonese e che segnalano come le maggiori criticità siano equamente distribuite tra Nord e Sud, con Lombardia e Puglia come regioni al vertice della necessità di interventi.
Nell’elenco dell’Upi la Lombardia è al primo posto per le opere che necessitano di interventi (877), seguono la Puglia (728), la Toscana (632), l’Emilia Romagna (545), la Campania (532), il Piemonte (507). Tra le Regioni più grandi c’è il Lazio con 175 strutture, il Veneto (240) e la Liguria (259). Al netto delle 5 regioni a statuto speciale.
«In poche settimane consegnammo al ministero delle Infrastrutture un quadro da cui emergeva la necessità di intervenire su 5.931 strutture, su cui avevamo già pronti i primi progetti, e di procedere con indagini tecnico diagnostiche urgenti su 14.089 opere. Ma nulla è stato fatto», ha commentato del Presidente dell’Upi, Michele de Pascale. «Ci aspettavamo che questa analisi dettagliata portasse a risorse mirate, invece nulla è stato fatto. Non solo, le Province continuano ad essere sottoposte ad un assurdo blocco di assunzioni, del tutto ingiustificabile, che non ci permette di avere personale tecnico specializzato, ingegneri, progettisti, tecnici, indispensabili per far procedere rapidamente gli investimenti. Un blocco che sembra essere tutto ideologico, non giustificato da motivi tecnici né di spesa, frutto del pregiudizio contro le Province che non fa che riflettersi sui servizi ai cittadini, e perfino sulla loro incolumità e sicurezza», spiega de Pascale, rispetto alla grave situazione d’emergenza che sta vivendo tutto il Paese, con danni pesantissimi alle infrastrutture viarie causati dal maltempo. «Abbiamo chiesto a Governo e Parlamento di cancellare, nella Legge di Bilancio 2020, i limiti alle assunzioni di personale, per permetterci di ricostruire al meglio dell’efficienza le nostre strutture, svuotate dopo l’esodo imposto nel 2015, e anche di consentire a tutti gli enti locali di accedere al fondo per le progettazioni, oggi ad esclusivo appannaggio dei Comuni. Un fondo di 2,7 miliardi per 15 anni, da cui sono escluse Province e Città metropolitane, le istituzioni che hanno in gestione 7.400 scuole superiori, 130 mila chilometri di strade e 30.000 ponti, e a cui è demandato di assistere i Comuni, specie i piccoli, proprio nella progettazione». De Pascale ha però giudicato positive le aperture del ministro Paola de Micheli: «Senza il personale tecnico e la possibilità di accedere al fondo progettazione rischiamo di non potere utilizzare a pieno i finanziamenti. Proprio su queste due urgenze abbiamo avuto positive aperture da parte del ministro de Micheli. Una disponibilità che apprezziamo e su cui ci auguriamo si trovi accordo nel Governo».