«La scorta non è un mio diritto, non è un diritto di nessuno. Quando si dice che non viene data perché Bagarella, Biondino Salvatore, Matteo Messina Denaro non sono più un pericolo concreto, che Cosa Nostra non è più un pericolo concreto, il problema non è più la scorta del Capitano Ultimo ma il problema sono le persone che dicono queste cose e ne devono rispondere al popolo, non a me». Lo ha detto il colonnello Sergio De Caprio, noto come il Capitano Ultimo che arrestò Totò Riina, a margine dell’audizione in Commissione regionale di studio e inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia, rispondendo alla domanda sulla vicenda della sua scorta.
Durante l’audizione, il militare ha spiegato che «non faccio mai battaglie per me, – ha detto – ritengo di non avere nessun diritto, mi dono per i diritti e per la sicurezza degli altri. Hanno ritenuto di togliermi la scorta, dichiarando che non ci sono più le condizioni di pericolosità da parte di Cosa Nostra e dicendo così una cosa diversa dalla realtà». «Nell’ultima relazione semestrale, la Dia ha scritto che Cosa Nostra è ancora pericolosa e mantiene una capacità offensiva. E’ inaccettabile – ha aggiunto De Caprio – che altri funzionari dello stesso Stato dichiarino esattamente il contrario. Il problema non è la mia scorta, ma che ci sono persone ai vertici dello Stato che si devono occupare della sicurezza dei cittadini, che ne hanno la più alta responsabilità, che dicono che questi mafiosi non costituiscono più un pericolo attuale. Questo non è un problema per me ma per la sicurezza dei cittadini».
«La sicurezza non è propaganda, non è soddisfazione per chi la pratica, ma è un dono», ha detto. Per il militare «non esiste la propaganda sulla sicurezza ma esiste sconfiggere le mafie oppure no. Poiché le mafie ci sono ancora, perdiamo tutti da anni ed è una vergogna». Rispondendo, a margine dell’audizione, alla domanda dei cronisti se la politica negli ultimi anni abbia fatto del tema della sicurezza uno strumento di propaganda, il colonnello De Caprio ha risposto «non sono nessuno per giudicare la politica. La politica in cui io credo e per la quale mi sono battuto è quella delle famiglie, dei condomini, delle case popolari, delle case famiglia, delle parrocchie, delle persone. E’ la politica fatta per il bene comune e la fazione che la pratica è il popolo».
«Non sono un professore, non devo dare insegnamenti a chi tutti i giorni combatte sulla strada e saprà dare le risposte. E se non danno risposte se ne devono assumere la responsabilità. Quindi o cambiano metodi o cambiano le persone». Lo ha dett rispondendo ad una domanda sulla mafia foggiana. A Foggia «non serve un Capitano Ultimo, – ha aggiunto – serve una comunità unita che pratica l’uguaglianza, la fratellanza e il mutuo soccorso. La sicurezza partecipata è la vera manovra strategica contro la mafia». Per il colonnello De Caprio le forze dell’ordine sono «solo l’avanguardia armata» della società civile «che è il nostro vero esercito». Dagli anni delle stragi ad oggi «abbiamo dato per scontato che determinate battaglie culturali e anche militari divenissero patrimonio delle generazioni successive. Purtroppo non è stato così, – ha aggiunto – colpa nostra, dobbiamo chiedere scusa e ricominciare a spiegare cosa sono le mafie, come possono evolversi e riprodursi. Chi ha la responsabilità di condurre questa lotta deve dare risposte chiare, precise, non deve abituarci alla convivenza con le mafie. Se non ci dà risposte chiare, deve essere rimosso».