L’uomo navigava nel Mediterraneo alla ricerca di cibo e nuove terre già 8.600 anni fa, verso la fine del Mesolitico e non nel Neolitico, come si credeva. La conferma arriva dallo studio dei resti di un pasto composto da una mandibola di cervo e vari molluschi e anticipa di circa 1.600 anni la datazione.
Ad elaborare i dati il Centro di Fisica Applicata Datazione e Diagnostica-Cedad dell’Università del Salento – che ha diffuso una nota – ricordando che la scoperta, pubblicata su ‘Earth Science Reviews’ è avvenuta nella Grotta del Tuono dell’isola siciliana di Marettimo da un team Enea. Lo studio, si legge nella nota – «ha consentito di ricostruire, a partire dall’ultima glaciazione la morfologia costiera delle isole Egadi in Sicilia stabilendo che circa 20mila anni fa Favignana e Levanzo erano collegate alla Sicilia mentre Marettimo era separata da uno stretto canale. Essenziale la datazione dei resti del pasto, perché questo ha significato stabilire da quando l’uomo frequentava l’isola». Il Cedad li ha datati attraverso «il metodo del radiocarbonio con l’utilizzo dell’acceleratore di particelle da 3 milioni di volt», spiega Gianluca Quarta, docente di Fisica applicata a UniSalento e co-autore dello studio. «Le datazioni sono state effettuate su gusci di mollusco (Patella), su ossa e sullo smalto dei denti, mentre l’interpretazione dei dati sperimentali ha richiesto un’approfondita discussione con i diversi scienziati coinvolti e i risultati sono stati sorprendenti».
«Questo studio, coordinato da Fabrizio Antonioli dell’Enea – sottolinea il responsabile del Cedad, Lucio Calcagnile – rientra in una collaborazione molto fruttuosa che da lungo tempo vede coinvolti anche numerosi ricercatori delle Università di Roma ‘La Sapienzà, di Palermo, di Trieste e la Soprintendenza del Mare», tra geologi, paleontologi e archeologi, accanto ai fisici del Cedad.