Nella scuola elementare dell’istituto comprensivo Japigia 1 – Verga quest’anno si insegna ai piccoli alunni come contrastare gli stereotipi di genere. Un progetto, fortemente voluto dalla dirigente Patrizia Rossini, che all’inizio non era stato compreso dalle famiglie. Le poche iscrizioni e le critiche hanno quindi spinto la dirigente a spiegare la natura del progetto.
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“Ci sono state poche adesioni – spiega a Borderline24, Patrizia Rossini – molti genitori non avevano compreso cosa volessimo fare con questo progetto pon che riguarda le classi terze, quarte e quinte. Noi riteniamo che sia un discorso molto interessante, un discorso che bisogna affrontare fin da piccoli”.
Rossini ha scritto anche un libro, in pubblicazione, “Nel rosa e nel celeste”, proprio nel quale si affrontano gli stereotipi di genere. “Bisogna capire che è importante parlarne – spiega – i femminicidi partono da una mancanza di condivisione dei ruoli, da pregiudizi, dagli stereotipi che uomini e donne si portano dietro. Bisogna affrontare questi argomenti, bisogna fare capire ai più piccoli che non ci sono differenze tra uomini e donne, che non c’è nulla di male se una bimba vuole giocare con una macchinina o un bimbo con una bambola, che ogni bambino deve scegliere cosa vuole diventare, senza timori della società”.
La parola “genere” ha fatto andare però in confusione le famiglie. “Per questo ho deciso di rivolgermi direttamente ai genitori per spiegare di cosa si parlerà in questo progetto il sabato mattina”, aggiunge la dirigente.
Il messaggio alle famiglie
“Nel 2011 – ha detto la dirigente – è stata firmata la Convenzione di Istanbul. Gli stati firmatari, Italia inclusa, hanno l’obbligo di promuovere delle politiche per superare gli stereotipi di genere “per sradicare pregiudizi, tradizioni, costumi e predisporre un piano formativo che includa, tra le materie scolastiche, a ogni livello di istruzione, argomenti come l’uguaglianza di genere, la rottura dei ruoli stereotipati, il reciproco rispetto”. Gli stereotipi sono limitanti sia per i bambini che per le bambine, superarli significa educare all’identità come desiderio e non come destino, ovvero a diventare ciò che si desidera e non come la società si aspetta. Per realizzare questo scenario, si devono compiere alcuni passaggi. Bisogna fare attenzione ai propri pregiudizi, per evitare che rinforzino i copioni di genere dominanti. Come sgridare una bambina perché gioca con supereroi o un bambino che si diverte con le bambole. La scuola, come ente formativo per eccellenza, ha l’opportunità (e forse anche l’obbligo morale) di fornire modelli alternativi, di riscrivere i finali della favole, di inventare i nuovi personaggi e modalità inedite di interazione, di supportare il percorso di scoperta del sé anche quando in contrasto con le aspettative sociali di genere. Il senso di inserire a scuola dei momenti per discutere dell’affettività, delle pari opportunità significa solo trasmettere a tutti i bambini un semplice messaggio: loro potranno essere qualsiasi cosa vorranno e andrà bene, senza timore della società”.
“Perdere questa occasione di crescita – ha scritto ancora la preside – così come l’approfondimento di educazione alimentare, Mangio come scelgo, in cui si imparerà, tra l’altro, a leggere le etichette, significa perdere una grande opportunità”.