Proseguono i controlli della “task force” dedicata al contrasto del fenomeno della intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro su tutto il territorio provinciale. Nella giornata di ieri, gli stessi militari hanno arrestato un pregiudicato di 46 anni, titolare di una impresa agricola e di allevamento di ovini sita in agro di Casamassima (BA).
Nel corso di preliminari servizi di osservazione, i miliari operanti avevano focalizzato la loro attenzione su un giovane pastore il quale, fin dalle prime luci dell’alba, usciva dalla masseria per condurre al pascolo un gregge di pecore, rientrando solo al tramonto. Al fine di verificare il rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori, i militari decidevano di effettuare un controllo all’interno dell’azienda, nel corso del quale, avuta la presenza del titolare, identificavano il pastore in un cittadino bengalese di anni 24, privo di permesso di soggiorno e senza fissa dimora. Dalle verifiche emergevano evidenti condizioni di sfruttamento in suo danno. Il bengalese, infatti, era impiegato come autentico factotum, occupandosi di tutte le attività inerenti gli animali, ovvero mungitura, pulizia, pascolo ecc…, lavorando in media 11 ore al giorno in cambio di 1,80 euro all’ora, quando il contratto collettivo nazionale, per le stesse mansioni, ne prevede almeno 10: tra l’altro erano due mesi che il suo datore non lo pagava.
All’operaio non era riconosciuto il diritto del riposo o delle ferie, praticamente mai fruiti, e veniva impiegato senza aver mai conseguito la minima formazione sui rischi per la salute e sicurezza ai quali si espone il lavoratore per simili carichi, né era stato nemmeno sottoposto alla prescritta visita medica, finalizzata ad accertare le condizioni di salute in relazione all’incarico.
Al bengalese era riservato un alloggio fatiscente ed in cattive condizioni igieniche, come certificato dai medici dell’Asl. Si trattava di un container, costruito assemblando le cabine di un camion, nel quale la cucina era costituita da un fornello alimentato da una bombola di gas, mentre per i servizi igienici si serviva di un pozzo, lo stesso utilizzato dagli animali per abbeverarsi. Il datore di lavoro aveva imposto le sue volontà, rifiutando qualsiasi aumento di stipendio e approfittando dello stato di difficoltà della vittima, costretta d accettare qualsiasi condizioni, anche di sfruttamento, pur di inviare quanto guadagnato a moglie e figli nel paese di origine.
Al termine degli accertamenti l’imprenditore è stato arrestato con l’accusa di sfruttamento del lavoro e favoreggiamento all’immigrazione clandestina, inoltre gli sono state contestate altre violazioni connesse quali: l’omessa formazione dei dipendenti sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e mancata valutazione delle condizioni di salute in relazione all’impiego (artt. 18, 36, 37, d.lgs 81/2008); l’impiego di lavoratori subordinati “in nero” (art. 3 d.l. 12/2002), la violazione delle disposizioni per il contrasto del lavoro (art. 14 d.lgs 81/2008), ed il divieto di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno (art. 12, 22 d.l. 298/1998)). Su disposizione della competente A.G., D.F.D. è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
Contestualmente sono state elevate sanzioni amministrative ed ammende per quasi 60.000,00 euro e la sospensione dell’attività produttiva.