Carabinieri del Comando Provinciale di Bari e del Nucleo Ispettorato del Lavoro, da diversi giorni impegnati sul territorio della provincia di Bari con una “task force” dedicata al contrasto del fenomeno della intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro, hanno arrestato in flagranza di reato due imprenditori agricoli, S.G.B. e B.A.M.., rispettivamente di anni 43 e 73, proprietari di una azienda a conduzione familiare dedita all’allevamento di bovini e alla commercializzazione di prodotti agricoli, per il reato di sfruttamento del lavoro e violazioni della normativa sulla tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, nonché per l’impiego di manodopera in nero e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Nel corso di diversi servizi di osservazione effettuati presso l’agro di Gioia del Colle, zona notoriamente florida per la produzione di prodotti agricoli e caseari, fin dalle prime luci dell’alba è stata notata una intensa attività presso una antica masseria di notevoli dimensioni. Nello specifico alcuni operai laboriosi, fra pastori, stallieri e addetti alla mungitura, si adoperavano per il governo di centinaia di capi di bestiame.
I militari hanno deciso, quindi, di procedere ad un controllo al fine di verificare il rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori. È emerso così che i titolari dell’azienda, in realtà, mantenevano gli operai in condizioni di totale sfruttamento. In tale stato erano infatti tenuti due extracomunitari, un gambiano di 26 anni ed un indiano di 30, i quali lavoravano dalle 10 alle 12 ore al giorno, al costo di 1,50 euro circa all’ora, in violazione dei contratti nazionali che prevedono, per le stesse mansioni, una paga di 9 euro circa. Oltre alla sotto remunerazione i due pastori non godevano di alcun beneficio o agevolazione riservata a coloro che svolgono lavori di tale “intensità”. Infatti non usufruivano di riposo settimanale (uno di essi addirittura non riposava da 4 mesi), e non avevano avuto la minima formazione sui rischi per la salute e sicurezza ai quali si espone il lavoratore per simili mansioni: ovviamente non erano stati sottoposti nemmeno alla prescritta visita medica, finalizzata ad accertare le condizioni di salute in relazione all’incarico. Pertanto, sono state contestate ai titolari dell’azienda agricola, oltre ai più gravi delitti di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al divieto di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno (art. 12, 22 d.l. 298/1998), e lo sfruttamento del lavoro (art. 110, 603 bis c.p.), anche l’omessa formazione dei dipendenti sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro e mancata valutazione delle condizioni di salute in relazione all’impiego (artt. 18, 36, 37, d.lgs 81/2008); il divieto di retribuzione mediante pagamenti non tracciabili (art. 1 co. 910, 913 l. 205/2017) e l’impiego di lavoratori subordinati “al nero” (art. 3 d.l. 12/2002).
Ad accentuare la condizione di sfruttamento è stata anche la situazione alloggiativa, ovvero un locale ricavato in una stalla, alla presenza degli animali, nel quale i due extracomunitari dormivano e si cambiavano, mentre per i servizi igienici era stata allestita una camera limitrofa ad una stanza utilizzata per la mungitura. Spesso decidevano di lavarsi direttamente con l’acqua estratta dal pozzo utilizzato per la fattoria. Una condizione igienica che il personale ASL non ha esitato a definire assolutamente precaria, dal punto di vista igienico.
Tali condizioni erano state accettate dai extracomunitari, in quanto bisognosi di lavorare al fine di mantenere le proprie famiglie, alle quali inviavano tutto il denaro guadagnato per mezzo dei loro datori di lavoro.
Per i due titolari dell’azienda sono così scattati gli arresti domiciliari disposti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, la sospensione dell’attività e comminate sanzioni amministrative e pecuniarie superiori ai 100.000,00 euro.