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Bari, conflitto a fuoco durante la rapina in banca in viale Salandra: sette arresti

Pubblicato da: redazione | Gio, 23 Maggio 2019 - 09:31

Questa mattina gli investigatori della squadra mobile di Bari hanno eseguito una ordinanza di applicazione di misure cautelari custodiali emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Procura, nei confronti di sette persone per tentata rapina, con uso di armi, in danno dell’agenzia del Banco di Napoli ubicata in Bari al viale Salandra.

La misura della custodia in carcere è stata eseguita nei confronti di Massimiliano Monacelli, Massimo Margheriti, Antonio Attolico, Michele De Giglio, Biagio Monacelli e Francesco Ritoli, quella degli arresti domiciliari nei confronti di Michele Costantino.

Sono state anche le dichiarazioni di uno dei malviventi che ha ammesso di aver preso parte alla tentata rapina del 12 giugno 2017  ai danni di un furgone portavalori rimasto ferito nel successivo conflitto a fuoco con i vigilantes asserragliati nei locali del bancomat del Banco di Napoli tra viale Salandra e via Lucera a Bari e anche quelle di un complice, nel frattempo indagato per un omicidio, a portare gli agenti della Squadra Mobile del capoluogo pugliese, a quasi due anni di distanza, all’arresto di sette presunti componenti della banda. L’assalto avvenne verso le 14. A seguito del conflitto a fuoco Massimiliano Monacelli, 40 anni, colpito durante la sparatoria, si recò sanguinante mezz’ora dopo al pronto soccorso dell’ospedale ‘San Paolò, con ferite al torace ed al braccio sinistro. Gli investigatori della Squadra Mobile hanno messo da subito in correlazione tale circostanza con la tentata rapina avvenuta pochi minuti prima ed hanno ascoltato l’uomo che però in quel momento fornì dichiarazioni non veritiere e fuorvianti.

A distanza di alcuni giorni, dopo il ritrovamento di uno dei due veicoli utilizzati dai malviventi, una Fiat Bravo di colore bordeaux abbandonata nella campagne di Modugno, Monacelli venne interrogato formalmente confessando di aver partecipato alla tentata rapina, fornendo qualche dettaglio sull’azione delittuosa, come ad esempio il prezzo pagato ad uno dei complici della tentata rapina, Francesco Ritoli, 42 anni, per assicurare al gruppo criminale uno dei veicoli da utilizzare per l’assalto, la Fiat ma rimanendo omertoso sui nomi dei complici. Grazie a tali dichiarazioni, i poliziotti hanno recuperato una delle due armi utilizzate dal commando, un fucile mitragliatore kalashnikov di fabbricazione cinese, considerata arma da guerra.

 A quel punto le indagini della Squadra Mobile, coordinate in tutte le fasi dal sostituto procuratore della Repubblica Domenico Minardi, si sono concentrate sulle analisi dei sistemi di video sorveglianza della banca per comprendere le modalità del delitto e le caratteristiche dei rapinatori e sull’esame dei tracciati delle utenze telefoniche di interesse investigativo, ma anche delle intercettazioni ambientali effettuate sul veicolo in uso ad uno dei sospettati e delle importanti dichiarazioni in seguito rese da Michele Costantino, 42 anni, già sotto indagine insieme a Massimo Margheriti, 47 anni, per l’omicidio di Michele Amedeo, operatore ecologico dell’Amiu, avvenuto il 25 aprile 2017, ed hanno consentito sia di individuare e recuperare la seconda arma utilizzata nel delitto, una pistola semiautomatica calibro 7,65 di produzione ungherese, munita di caricatore con 5 proiettili, rubata e detenuta illegalmente da Margheriti, sia di ricostruire nei dettagli la vicenda. Gli altri arrestati sono Biagio Monacelli 43 anni, fratello di Massimiliano, Antonio Attolico, 55, Michele De Giglio, 50. Tutti, compresi Margheriti, Ritoli, Costantino e Monacelli, hanno precedenti penali. Devono rispondere a vario titolo di in concorso in tentata rapina aggravata, detenzione e porto illegale d’armi da fuoco, furto, ricettazione e riciclaggio. Il solo Costantino si trova ai domiciliari.

La banda, dotata di giubbetti antiproiettile, ricetrasmittenti, tentò di rapinare i sacchi di danaro che i vigilantes stavano depositando nella camera di sicurezza della banca ma, dopo un conflitto a fuoco con le due guardie giurate che si accorsero repentinamente della situazione di pericolo, durante il quale i rapinatori spararono quattro colpi dal fucile e le guardie giurate risposero esplodendo 9 colpi con la pistola d’ordinanza, i malviventi desistettero e fuggirono a bordo di due veicoli. A ideare la rapina sarebbero stati i due fratelli Monacelli e Attolico. Nelle fasi organizzative sarebbero stati coinvolti Margheriti e Costantino allo scopo di recuperare i veicoli idonei. I due si sarebbero rivolti a Ritoli, loro amico, che avrebbe venduto a Monacelli la Fiat Bravo di colore bordeaux, rubata per 800 euro (l’uomo girava con l’auto che aveva il telaio alterato e le targhe appartenenti ad un altro veicolo in suo uso). Due giorni prima della rapina, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i fratelli Monacelli, Attolico, Margheriti e Costantino si sarebbero dati appuntamento nei pressi del Mc Donald’s al quartiere S. Paolo di Bari per definire i dettagli. Il gruppo avrebbe raggiunto la banca alle primissime ore della mattinata del 12 giugno. Massimiliano Monacelli, Margheriti e De Giglio si sarebbero incontrati verso le 6.30 in via delle Regioni nell’abitazione di Attolico che custodiva la Fiat Bravo, il kalashnikov, i giubbetti e le radio portatili procurati da Monacelli e, contestualmente, Costantino avrebbe sostituito le targhe del veicolo con altre targhe rubate ad un’auto a Grumo Appula qualche settimana prima, al fine di renderne irriconoscibile la provenienza.

Lo stesso Costantino avrebbe avuto anche il compito di far aggiustare la pistola detenuta dal Margheriti e portata sulla scena del crimine, e di mettere a disposizione del gruppo il secondo dei due mezzi che dovevano essere utilizzati per l’assalto, una Fiat Bravo di colore blu rubata a Giovinazzo pochi giorni prima, mai ritrovata dagli investigatori. Massimiliano Monacelli, Margheriti e De Giglio, una volta raggiunto l’obiettivo a bordo della Fiat Bravo bordeaux condotta da Attolico, si sarebbero nascosti in un locale in disuso, attiguo alla banca, attendendo notizie dai complici Biagio Monacelli ed un altro individuo, non colpito dalla misura cautelare, sull’arrivo del furgone blindato. Nel frattempo, Costantino si sarebbe adoperato per occupare uno dei posti auto adiacenti all’ingresso della camera di sicurezza dello stabile, così da indurre il furgone blindato a fare un tragitto più lungo ed a parcheggiare nella posizione voluta dai rapinatori per assaltarlo. Quindi sarebbe partito l’assalto ad opera di Massimiliano Monacelli, Margheriti e De Giglio il quale avrebbe frapposto il kalashnikov tra il telaio e la porta d’ingresso della ‘safe camerà, in modo da impedirne alle guardie giurate la chiusura, esplodendo poi 4 colpi al loro indirizzo. La rapina non andò a segno per la pronta reazione delle guardie giurate, una delle quali sparò nove proiettili calibro 9×21 dalla propria pistola d’ordinanza, ferendo nell’occasione Monacelli. I malviventi infine si allontanarono.

Nel corso della esecuzione ci fu un conflitto a fuoco: uno degli indagti, armato con il fucile d’assalto, frappose l’arma tra il telaio e la porta del locale bancomat per impedire la chiusura ed esplose alcuni colpi verso l’interno. Le guardie giurate risposero al fuoco e i rapinatori fuggirono, ma uno restò ferito.

“Le indagini – scrive la Procura – hanno consentito di ricostruire le fasi ideativa, organizzativa ed esecutiva della rapina, essendo stati alcuni dei soggetti indagati impegnati in funzione di reperimento dei mezzi (armi, dispositivi di comunicazione e veicoli a loro volta provento di furti e sottoposti a operazioni di riciclaggio) e di agevolazione, raccordo informativo e sorveglianza”.

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