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Bari, un errore di notifica fa saltare il processo alla moglie del boss del Libertà: scontro tra giornalista Rai e avvocati

Pubblicato da: redazione | Gio, 16 Maggio 2019 - 13:30

Tornano alla Procura per un difetto di notifica, e così salta l’udienza preliminare, gli atti del procedimento sull’aggressione del 9 febbraio 2018 ai danni della giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola.

Dinanzi al gup del Tribunale di Bari Giovanni Anglana gli avvocati Giancarlo Chiariello e Attilio Triggiani, difensori della 44enne Monica Laera, moglie del boss di Bari Lorenzo Caldarola, accusata di lesioni e minacce, hanno eccepito la mancata notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. In udienza, nell’ex sezione distaccata di Bitonto, erano pronti a costituirsi parti civili accanto alla presunta vittima la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), rappresentata dagli avvocati Francesco Paolo e Roberto Eustachio Sisto, l’Unione delle Donne d’Italia (UDI) con l’avvocato Maria Pia Vigilante e il Comune di Bari con l’avvocato Bianca Laura Capruzzi.

All’esterno dell’aula di udienza si è tenuto un presidio di solidarietà alla collega del Tg1 con una delegazione di Associazione della Stampa e Ordine dei giornalisti di Puglia, FNSI e Usigrai. Secondo l’accusa la moglie del boss avrebbe minacciato la giornalista e l’avrebbe colpita con un pugno al volto, in reazione alla richiesta della cronista di informazioni sui procedimenti penali in corso nei confronti del figlio Ivan, all’epoca minorenne, mentre in quel momento all’interno dell’abitazione della famiglia Caldarola, nel quartiere Libertà (la giornalista era in strada), era allestita una camera ardente perché la stessa mattina era deceduta una familiare.

Il rinvio dell’udienza ha scatenato una serie di polemiche, alimentate da un post su Facebook nel quale Mazzola scrive di «legali dei clan» che «se le inventano tutte». Le risponde sui social la Camera Penale di Bari ricordando che «il processo ha regole e garanzie» e che «non c’è nulla di peggio di chi invoca la legalità e poi si scaglia proprio contro chi garantisce l’applicazione delle regole e della legge».

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