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Pensionato morto a Manduria, la baby gang sotto torchio dal giudice: “Ci dispiace”

Pubblicato da: redazione | Gio, 2 Maggio 2019 - 16:15

Si sono dichiarati – secondo fonti della difesa – «dispiaciuti» per le loro condotte, si sono riconosciuti nei video acquisiti dagli inquirenti e hanno circostanziato il loro ruolo, alcuni degli otto giovani sottoposti a fermo dalla Polizia nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Antonio Stano, il 66enne pensionato di Manduria (Taranto) deceduto il 23 aprile scorso dopo tre interventi chirurgici. Stano è stato vittima di una serie di aggressioni e violenze compiute nel tempo da più gruppi di ragazzi.

Sono stati interrogati i due maggiorenni dal gip del Tribunale ordinario Rita Romano e quattro dei sei minorenni coinvolti da gip del Tribunale per i minorenni Paola Morelli. Il più grande del gruppo, di 22 anni, ha ammesso di aver partecipato a una sola «incursione» nell’abitazione del pensionato, documentata anche da uno dei video acquisiti dagli inquirenti, respingendo comunque le accuse di aver avuto un ruolo attivo. Anche uno dei minori interrogati, a quanto si apprende, ha negato di aver partecipato ad atti di violenza. Tutti hanno risposto alle domande e, secondo i difensori, sono apparsi «molto provati». I due gip dovranno decidere con ordinanza se convalidare o meno i fermi e stabilire se la misura cautelare va confermata, revocata o attenuata.

Il mio assistito ha risposto alle domande del giudice fornendo la propria versione dei fatti. Non ha confessato, anzi ha negato di aver partecipato ai raid». Lo ha detto all’Adnkronos l’avvocato Gaetano Vitale che, nel processo per le aggressioni subite a Manduria da Antonio Cosimo Stano, difende uno dei due maggiorenni arrestati. A incastrare il 22enne è uno dei filmati in mano ai poliziotti, quello nel quale si vede il gruppo fare irruzione in casa del 66enne con i bastoni in pugno. È lo stesso filmato fatto girare nella chat di whatsapp e nel quale il 12 aprile scorso la fidanzata del 22enne  giurò in commissariato di averlo riconosciuto. «Non ha fatto alcun tipo di tortura – precisa il legale del ragazzo – ha preso parte a un solo episodio nel quale tra l’altro era presente incidentalmente. Il suo è un ruolo marginale e, anzi, non conosce proprio gli altri componenti del gruppo. Preferisco attendere l’udienza di convalida». «A questo punto spero che lui sia effettivamente entrato solo una volta in quella casa – si era augurata anche la fidanzata – così come mi ha confessato quando attendeva vicino l’Ufficio della Polizia».

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