Tra i lavoratori impiegati nello stabilimento ex Ilva di Taranto si registra il 500% di casi di cancro in più rispetto alla media della popolazione generale della città, non impiegata nello stabilimento. È questa l’ultima stima, pubblicata nel 2018, dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), a conferma del dato allarmante diffuso oggi dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro secondo cui la maglia nera per il numero assoluto di malattie cancerogene imputabili all’attività lavorativa spetta appunto a Taranto, con il 70% dei tumori denunciati correlato al settore metalmeccanico.
Anche secondo i dati Ona, Taranto rappresenta dunque una «emergenza» con il «50% di tumori in più registrato pure tra gli impiegati dello stabilimento ex Ilva, che sono stati esposti solo in modo indiretto». L’Osservatorio stima che in Puglia, in generale, siano «circa 5.000 i morti causati o concausati dall’esposizione all’amianto nel periodo 1993/2015. Dunque circa 220 l’anno, per le sole patologie asbesto correlate. E statisticamente i tumori polmonari sono circa il doppio dei mesoteliomi, a cui vanno aggiunte le altre patologie causate dalla diossina e dagli altri inquinanti.
Per la Regione Puglia, rileva l’Ona, i mesoteliomi ufficialmente registrati sono stati 1.191, nel periodo tra il 1993 e il 2015, pari al 4,4% di quelli registrati nel Paese, nel 67,2% dei casi causati da esposizione all’amianto di tipo professionale. I morti per mesotelioma nella città di Taranto tra il 2006 e 2011, sottolinea l’Osservatorio, rappresentano quindi la metà di quelli censiti nell’intera Puglia dal Registro regionale. Centoventuno morti solo di mesotelioma, di cui 99 uomini e 22 donne. Ed ancora: a Taranto, secondo le stime Ona, ci sono 25 casi di mesotelioma l’anno, con un’incidenza superiore di quattro volte ai dati di attesa. A Bari, invece, le rilevazioni Ona fino al dicembre 2018 hanno appurato »160 casi di mesotelioma causati dall’esposizione dell’ex Fibronit«, con una incidenza »in crescita« ed una media di »circa 20 nuovi casi ogni anno«. Un quadro preoccupante, quello relativo a Taranto in particolare, confermato pure dall’ultimo rapporto Sentieri dell’Istituto superiore di sanità, che prende in esame i dati relativi a 45 siti di interesse nazionale e regionale per le bonifiche, inclusa Taranto.
Chi vive nei siti contaminati, rileva il Rapporto, ha infatti un rischio di morte più alto del 4-5% rispetto alla popolazione generale. E questo, in un periodo di 8 anni, si è tradotto in un eccesso di mortalità pari a 11.992 persone, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio. E vivere in siti contaminati comporta anche un aumento di tumori maligni del 9% nella fascia di età tra 0 a 24 anni.