Ripetuti applausi hanno accompagnato il tragitto del feretro del maresciallo dei carabinieri Vincenzo Di Gennaro, ucciso sabato a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, tra la camera ardente allestita nel Comune di San Severo e la cattedrale di Santa Maria Assunta dove si sono svolti i funerali (foto Gazzetta del Mezzogiorno). Insieme ai familiari, il padre, la sorella e la compagna, al sindaco di San Severo Francesco Miglio, al vicepresidente della giunta regionale della Puglia Antonio Nunziante, al procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Bari Giuseppe Volpe, a molti sindaci e a tantissimi comuni cittadini, c’era il ministro della Difesa Elisabetta Trenta e il comandante generale dell’Arma, Nistri. Ad attenderlo nella piazza c’erano il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la ministra del Sud Barbara Lezzi e il presidente della Camera Roberto Fico
«Caro papà Luigi, so che, assieme al dolore lacerante, tu senti ora questo orgoglio: l’aver dato la vita ad un figlio che è stato capace di dare la sua vita per un servizio allo Stato, alle Istituzioni, al Paese, alla gente, all’uomo; per un amore dell’uomo, della vita umana. Un amore che egli ha riversato su tutti. Oggi i sogni sembrano irrimediabilmente infranti e resta una realtà straziante, che è fatta di morte ma è fatta pure di amore, più forte della morte». Lo ha detto l’ordinario militare in Italia, monsignor Santo Marcianò, nell’omelia. «Oggi sento un profondo turbamento che si fa grido per una terra spesso tradita, abbandonata, sola. Ma, in questa solitudine – ha detto ancora – risplende ancor più la grandezza del gesto di Vincenzo, segno della sua dedizione incondizionata e della vicinanza autentica degli uomini e donne dell’Arma dei carabinieri, delle forze armate, delle forze dell’ordine: talvolta è solo in loro che i cittadini riconoscono la presenza dello Stato».
«E la realtà triste del nostro Sud Italia, terra meravigliosa, tradita da promesse perennemente irrealizzate di promozione sociale, di politiche di sviluppo, di novità imprenditoriali». Il rito solenne è stato officiato dallo stesso presule e concelebrato dal vescovo di San Severo, Giovanni Checchinato. Una terra, ha aggiunto Marcianò, «tradita da una giustizia che sembra soppiantata dall’illegalità, dalla prepotenza, dalla violenza, da una criminalità organizzata che rende vittime sempre più inermi. Tradita dalla corruzione di alcuni suoi figli, vicini come Giuda a Gesù, i quali sembrano volerla consegnare alla distruzione, per smanie di denaro o di potere».
«Anche l’altra mattina – ha aggiunto l’arcivescovo – era una scena ordinaria: un pattugliamento, un gesto come tanti gesti quotidiani di servizio dei nostri carabinieri, ma che avrebbe rivelato la verità della vita di Vincenzo: il dono di sé per amore. Quante missioni a rischio egli avrà effettuato, quante volte sarà stato esposto alla morte… E la morte arriva in quello che non sembra un giorno più pericoloso del solito, arriva per un tradimento, perché Satana ‘entrà in un uomo e lo rende omicida».