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Bari e la carica dei mille candidati: nel 2014 ce ne furono 135 che presero zero preferenze

Pubblicato da: Samantha Dell'Edera | Mar, 9 Aprile 2019 - 17:00

Le liste per le prossime comunali del 26 maggio si stanno formando proprio in queste ore. E i candidati che si presenteranno potranno raggiungere anche quota mille, un po’ come è accaduto nel 2014 quando ci fu lo “scontro” alle urne tra Antonio Decaro per il centrosinistra, Mimmo di Paola per il centrodestra, Sabino Mangano per i Cinque Stelle, Desiree Digeronimo, indipendente, Luigi Paccione per Convochiamoci per Bari, Marco Cornaro per Polo barese, Stefano Miniello (Nuova era), Giacomo Petrelli per Alternativa comunista, Michele Ladisa per il Movimento di insorgenza Duosiciliano e Matteo Magnisi per Identità popolare. Dieci candidati sindaci per quasi mille aspiranti consiglieri. Di questi ben 135 non presero neanche una preferenza. Altre diverse decine non superarono i cinque voti.

Un particolare non di poco conto le cui ragioni si trovano nella necessità, da parte di alcune liste, di inserire candidati che poi probabilmente non faranno neanche la campagna elettorale. L’interesse è esclusivamente ad ottenere il via libera per la stessa lista, nel momento in cui la si presenta legalmente.

Fanpage.it oggi ha illustrato altre due spiegazioni a questo genere di risultati da zero voti, spiegazioni che riguardano soprattutto i piccoli comuni. Capita ad esempio che vi siano amministrazioni con un solo candidato alla carica di sindaco senza una lista alternativa. “In tali casi – spiega Fanpage –  però, la legge prevede che, affinché l’elezione a sindaco possa essere valida, alle urne debbano recarsi gli aventi diritto + uno, pena l’annullamento delle elezioni e l’arrivo di un commissario prefettizio. Raggiungere il quorum non è sempre semplicissimo dunque si ricorre al “trucchetto” della seconda lista. Una lista – fantoccio, con candidati che prestano la loro immagine semplicemente per “blindare” l’elezione a sindaco del candidato dell’altra lista”. Ci sono poi i dipendenti delle forze di polizia o di enti pubblici (a tempo indeterminato) che se si candidano devono mettersi in aspettativa, in alcuni casi anche retribuita.

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