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“Nasi chimici” per rilevare l’inquinamento: nel progetto anche i ricercatori dell’università del Salento

Pubblicato da: Daniele Leuzzi | Gio, 7 Febbraio 2019 - 13:00

Un naso chimico per “fiutare” gli inquinanti ambientali: è l’obiettivo del progetto INITIO – INnovative chemIcal sensors for enanTioselective detectIon of chiral pOllutants, finanziato per quasi tre milioni di euro nell’ambito del programma europeo Horizon2020 (FET – Future and Emerging Technologies). Al quale hanno partecipano anche i ricercatori del gruppo di Chimica Fisica dell’ Università del Salento. Del partenariato di progetto fanno parte l’Università di Roma “Tor Vergata” (capofila, coordinatore di progetto il professor Roberto Paolesse), il Trinity College di Dublino, l’Università di Jyväskylä (Finlandia), l’Istituto di Chimica e Biologia delle membrane e nano-oggetti dell’Università di Bordeaux (Francia) e la Tallinn University of Technology (Estonia). Sono coinvolte anche due imprese private: Interspectrum OU (Estonia) ed Eurochem Italia Srl.

“Assieme ai colleghi europei progetteremo recettori di nuova generazione, in grado di segnalare la presenza di specifici pesticidi e altri inquinanti”, dice il professor Ludovico Valli, Ordinario di Chimica Fisica, a guida del gruppo di ricerca UniSalento di cui fanno parte anche Simona Bettini, Gabriele Giancane e Livia Giotta. “Questi recettori saranno successivamente integrati in nano-dispositivi intelligenti, che potranno essere utilizzati direttamente sul campo. Noi a UniSalento ci occuperemo, in particolare, di immobilizzare i recettori sul dispositivo, una parte molto delicata della ricerca. Siamo lieti e onorati di far parte di questo prestigioso progetto», conclude Valli, «che ci vedrà impegnati per i prossimi tre anni”.

Il progetto mira a sviluppare, appunto, “nasi chimici” di nuova generazione con lo scopo di rilevare gli inquinanti “chirali” di origine farmaceutica e agrochimica. “Si tratta di sostanze che esistono in due forme non sovrapponibili (come le mani sinistra e destra): questa peculiarità molecolare, nota come enantiomeria», spiegano i ricercatori, «influisce non solo sul loro impatto ambientale – i due enantiomeri possono degradarsi in tempi molto diversi -, ma anche sulla loro tossicità – una mano sinistra può fare più danni di una mano destra o viceversa. La sfida è dunque riuscire a identificare e rimuovere l’una o l’altra forma. Il progetto vuole così contribuire al monitoraggio e alla salvaguardia ambientale”.

Ma perché si parla di “naso chimico”? “I recettori olfattivi del nostro naso”, continuano i ricercatori, «sono in grado di “captare” una grande varietà di “odori” (composti chimici volatili) attraverso un meccanismo noto come “riconoscimento molecolare”, al quale seguono eventi biochimici e biofisici che consentono la trasduzione fisiologica del segnale. Alcuni animali possiedono un sistema olfattivo ancora più sensibile del nostro, che consente loro di percepire molte sostanze presenti in tracce. Un naso chimico è un dispositivo che mima il fenomeno biologico di riconoscimento molecolare (caratterizzato da elevate selettività e sensibilità) attraverso recettori sintetici preparati in laboratorio che, immobilizzati su idonee superfici, sono in grado di indurre la generazione di un segnale elettrico (o ottico), quando vengono in contatto con la sostanza che si vuol rivelare. La capacità di rispondere selettivamente a una sola delle due forme chirali”, concludono dal team UniSalento, “è una proprietà tipicamente biologica. Per questo la terminologia “naso chimico” è particolarmente pertinente e mette in luce le caratteristiche “bio-mimetiche” del dispositivo”.

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