«Ma siamo tutti italiani? Purtroppo qui non c’è proprio la concezione delle cure perché sanno solo farci ammalare». È l’amaro sfogo, attraverso un post su Facebook, di Angelo Di Ponzio, padre di Giorgio, un ragazzino di 15 anni di Taranto morto venerdì scorso dopo aver lottato per tre anni contro il cancro.
«Fino a ieri – spiega il genitore – non ho mai parlato pubblicamente della malattia di mio figlio, sia per non avere la compassione di nessuno e sia perché lui doveva sentirsi normale. Ora basta». Angelo Di Ponzio racconta il calvario vissuto da suo figlio, che chiama «il guerriero Giorgio», e dalla sua famiglia. «La passione per i motori e la pesca – aggiunge – erano tutto per lui. Di quello che abbiamo passato in questi anni per cercare di curarlo dopo vari interventi e trattamenti potrei fare un elenco, così come elencare tutte le carenze vissute e che solo spostandoci a Bari e a Milano erano risolti».
«Purtroppo – prosegue – se non facciamo niente siamo costretti a vedere i nostri figli morti e quelli che si salvano scappando lontano per un futuro». Fino «ad ora, dal 2016 al 25 gennaio 2019 – scrive Angelo Di Ponzio – io e mia moglie eravamo impegnati a cercare di risolvere il problema, o perlomeno a non fargli perdere quel sorriso di cui tutti parlano. Ora è il momento di lottare con tutte le forze, con il vostro aiuto e di chi ci tiene a riprenderci il diritto alla salute nostra e dei nostri figli».
Molti utenti dei social puntano il dito contro le emissioni degli impianti industriali tarantini. Il gruppo dei Genitori Tarantini, sempre su Facebook, afferma che «ogni volta che la luce della stanza di un bambino si spegne per sempre, lasciando un vuoto incolmabile e la vera essenza della disperazione, ci chiediamo come sia possibile che esistano uomini e donne che rimangono indifferenti e, peggio ancora, politici che sono stati, di fatto, responsabili di queste morti, con le loro insane leggi». «Tutta la città, oltre alle fabbriche – rilevano – dovrebbe fermarsi. Non dobbiamo abituarci a queste notizie, non è umano. Ciao Giorgio, perdonaci».