Le case di comunità di Bari e provincia sono 17. Accolgono 470 persone in condizioni di grave marginalità o povertà (migranti, homeless, famiglie, coppie indigenti). L’housing first – letteralmente “la casa prima di tutto” – è il modello americano su cui si basa il progetto dell’assessorato al welfare: servizi “a bassa soglia” che consentono ai cittadini bisognosi di vivere con i propri familiari in spazi adeguati rispetto al numero dei componenti.
Per più di un anno, in modo totalmente gratuito, i soggetti accolti tramite graduatoria pubblica hanno la possibilità di intraprendere un percorso di autonomia alla ricerca di un lavoro. Abbiamo incontrato una famiglia straniera, con tre figli di cui uno minorenne, che dallo scorso aprile vive in una casa di comunità messa a disposizione della cooperativa sociale Caps Onlus al quartiere San Paolo. E’ il primo caso di struttura monofamiliare, una soluzione temporanea per superare difficoltà relative allo sfratto e assenza di un reddito stabile. Ricevono scorte di caffè, latte e zucchero per la colazione. Sapone per l’igiene intima e detersivi per pulire la casa. Mattina e sera hanno l’obbligo di firmare il foglio di presenza che certifica la reale necessità e l’utilizzo dell’immobile. Gli operatori sociali, uno per ogni 20, garantiscono servizi come l’orientamento e l’accompagnamento socio-lavorativo.
“E’ la politica per la tutela dei diritti, della vita e del benessere degli uomini e delle donne, piccoli e grandi, giovani e anziani, bianchi e neri. Il resto non mi interessa”, scrive Francesca Bottalico, assessore al Welfare. “Offriamo una risposta alternativa al problema casa – aggiunge Cristian Signorile, vice presidente Caps Onlus -. Con maggiore autonomia si evita il trauma di condividere piccoli spazi con altri nuclei durante la ricerca di una nuova occupazione”. L’inserimento nelle case di comunità avviene tramite graduatoria, i cittadini posso richiedere l’assegnazione attraverso i servizi sociali territoriali.