La Procura di Bari ha chiesto la condanna a 28 anni di reclusione per Filippo Capriati, nipote del boss della città vecchia Antonio, ritenuto a capo dell’organizzazione mafiosa che negli ultimi anni avrebbe assunto di fatto il controllo del servizio di assistenza e viabilità all’interno del porto di Bari, oltre a commettere estorsioni ai commercianti, furti, rapine e trafficare in armi e droga. Ne dà notizia l’Ansa.
Per altri 24 imputati a processo con rito abbreviato davanti al gup del Tribunale di Bari Antonella Cafagna, il pm Fabio Buquicchio aveva chiesto già alla scorsa udienza altrettante condanne a pene comprese tra i 26 anni e i 16 mesi di reclusione per i reati, a vario titolo contestati, di associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, aggravati dal metodo mafioso e dall’uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e continuate, furti, truffa e induzione indebita a dare o promettere utilità. Durante la contestuale udienza preliminare, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli altri 13 imputati che non hanno scelto l’abbreviato. Nel procedimento sono costituiti parti civili l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, Ministero dell’Interno, Agenzia delle Entrate, Cooperativa Ariete e Associazione Antiracket Puglia. L’Autorità Portuale ha quantificato in un milione di euro il danno all’immagine subito e la cooperativa Ariete ha chiesto complessivamente 150mila euro di risarcimento danni. Le discussioni delle difese cominceranno nella prossima udienza del 18 gennaio e la sentenza è prevista a marzo.