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Taranto, creano 17 imprese fittizie per intascare 3 milioni di fondi europei: due arresti e 20 denunce

Pubblicato da: redazione | Gio, 20 Dicembre 2018 - 20:00
Guardia Di Finanza

Avrebbero costituito 17 imprese fittizie solo per poter accedere ai fondi europei per l’occupazione femminile, cofinanziati dallo Stato e dalla Regione Puglia, con lo scopo anche di finanziare alcune famiglie malavitose del territorio tarantino, già interessate in passato da operazioni di polizia riconducibili al clan D’Oronzo-De Vitis.

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Per questo la guardia di finanza di Yaranto ha arrestato due persone e ne ha denunciate altre 20, tra cui due ispettori della Regione Puglia incaricati di svolgere verifiche presso le ditte che avevano avanzato le richieste di contributi pubblici. Questi ultimi sono ritenuti responsabili dei reati di falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti di 34enne Salvatore Micelli, mentre agli arresti domiciliari è stata posta la 52enne Loredana Ladiana. Entrambi residenti a Taranto sono ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e falsità materiale commessa dal privato in atto pubblico. Le 20 persone denunciate sono accusate di truffa, malversazione a danno dello Stato e ricettazione.

L’importo complessivo della truffa ammonta a tre milioni e 260mila euro, dei quali un milione e 271 mila euro già erogati ed illecitamente percepiti. Quest’ultima somma è ora oggetto di un decreto di sequestro preventivo per equivalente, a carico di tutti gli indagati. Le imprese in questione, per la maggior parte prive di reale operatività, hanno formalizzato – secondo l’accusa – assunzioni meramente cartolari di donne, predisponendo false buste paga ed altre attestazioni per prestazioni di lavoro di fatto mai eseguite, e hanno simulato la stipula di polizze fideiussorie a garanzia dei finanziamenti ottenuti dalla Regione, falsificando la firma di procuratori di due agenzie di assicurazione con sede a Lecce e a Bucarest (Romania), e contraffacendo l’impronta del sigillo notarile che ne sanciva la regolarità.

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