La Corte di Appello di Bari ha assolto «perché il fatto non sussiste» l’avvocato barese Fabio Casalini, imputato per usura ai danni di un imprenditore. In primo grado, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato nel marzo 2017, Casalini era stato condannato alla pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione.
Stando all’ipotesi accusatoria, Casalini, coinvolto in passato in un altro procedimento per truffa alle assicurazioni (poi riabilitato) e attualmente indagato in una inchiesta su presunte frodi fiscali, avrebbe prestato in otto anni, dal 2003 al 2011, 1,2 milioni di euro ad un ristoratore barese, suo cliente, facendosi consegnare 1,8 milioni di euro, 600mila dei quali di interessi con tassi calcolati fino al 257%. Nell’aprile del 2014 Casalini fu destinatario di un sequestro preventivo per equivalente di 600mila euro, oggi revocato. La notizia della condanna fu data all’epoca da monsignor Alberto d’Urso, presidente della Fondazione Antiusura alla quale la presunta vittima si era rivolta, e che si era poi costituita parte civile nel processo.
“La decisione della Corte di Appello – dichiarano i difensori dell’imputato, gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Nicola Quaranta – non solo restituisce a Fabio Casalini “l’innocenza rubata”, ma soprattutto consente di evitare la presunzione di affidabilità di tutti coloro che si rivolgono alle Fondazioni Antiusura”. “Non va dimenticato – concludono i legali – che si tratta di soggetti portatori di un interesse proprio, la cui parola va valutata con estrema cautela”.