Il gup del Tribunale di Trani Angela Schiralli ha rinviato a giudizio tutti i 18 imputati, 17 persone fisiche e la società Ferrotramviaria, accusati della strage ferroviaria che il 12 luglio 2016 causò tra Andria e Corato la morte di 23 persone e il ferimento di altri 51 passeggeri. Il processo inizierà dinanzi al Tribunale di Trani il 28 marzo 2019. La decisione è stata presa dopo circa due ore di camera di consiglio al termine dell’udienza preliminare.
Stando alle indagini della Procura di Trani, quel giorno da Andria fu dato l’ok alla partenza del treno senza aspettare l’incrocio con il convoglio proveniente da Corato, la cui partenza, però, non era stata neppure comunicata. Per queste condotte la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per i dirigenti di movimento di Andria e Corato, Vito Piccareta e Alessio Porcelli, il dirigente coordinatore centrale Francesco Pistolato e il capotreno Nicola Lorizzo, che viaggiava sul convoglio partito da Andria (il collega che era a bordo del treno da Corato è tra le vittime). Ai due capostazione si contesta anche di aver falsificato i registri contenenti le annotazioni sui «via libera» per la partenza dei treni.
Agli allora dirigenti di Ferrotramviaria, gli amministratori delegati Enrico Maria Pasquini e sua sorella Gloria Pasquini, il direttore generale Massimo Nitti, il direttore di esercizio Michele Ronchi e altri sei dirigenti, la Procura di Trani contesta di non aver adeguatamente valutato i rischi, violando una serie di norme sulla sicurezza. I dirigenti di Ferrotramviaria non avrebbero cioè programmato l’adeguamento tecnologico pur consapevoli che su quella linea a binario unico e che funzionava con il sistema del blocco telefonico, c’era una «insufficiente copertura della rete di telefonia mobile e quindi delle consequenziali difficoltà di comunicazione tra personale di terra e personale di bordo». Avrebbero sottovalutato il pericolo nonostante 20 inchieste disciplinari relative a «situazioni critiche e potenzialmente dannose per la sicurezza e la regolarità della circolazione ferroviaria» aperte fra il 2003 e il 2015 a seguito di incidenti sfiorati, avessero evidenziato «il grave e concreto rischio per la salute».
Queste inchieste non sarebbero state neppure segnalate al preposto ufficio del Ministero (Ustif), a Regione e Digifema, la Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie e Marittime. Rischia il processo, oltre a capostazione e capotreno, dirigenti e funzionari di Ferrotramviaria, anche il direttore generale del ministero delle Infrastrutture, Virginio Di Giambattista, accusato in concorso con un’altra dirigente, Elena Molinaro (che ha scelto il rito abbreviato e sarà processata a partire dal 14 marzo), di non aver «compiuto verifiche periodiche» e adottato «provvedimenti urgenti» per eliminare il sistema del blocco telefonico su quella tratta a binario unico.