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Salvini sul presunto terrorista arrestato a Bari: “Viveva in uno Sprar a spese degli italiani”

Pubblicato da: redazione | Mar, 18 Dicembre 2018 - 17:00

“Prima ha ottenuto un permesso umanitario ed è stato mantenuto a spese degli italiani in uno Sprar, poi si è trasferito in un edificio occupato che è stato sgomberato a ottobre. Il caso dell’aspirante terrorista islamico di Bari, di nazionalità somala, ci conferma ancora di più che era necessaria una stretta sui permessi di soggiorno facili, sulle occupazioni abusive, sui fruitori di servizi pagati dai contribuenti”.

Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che aggiunge: “Altro che buonismo e critiche al Viminale che “manda immigrati indifesi in mezzo alla strada”. Vogliamo regole, legalità, buonsenso. Aiutiamo solo i veri profughi, non balordi, delinquenti o clandestini. Grazie allo straordinario lavoro delle Forze dell’Ordine e degli investigatori. Dopo il mio Decreto andiamo avanti, con più forza, per aumentare le espulsioni”.

“Omar Moshin Ibrahim non è mai stato ospite dello Sprar di Bari”. Replicano in una nota Arci Bari ed Etnie Onlus, che gestiscono lo Sprar del capoluogo pugliese che accoglie in diversi appartamenti sparsi in città 39 migranti con protezione umanitaria. Nel provvedimento giudiziario che ha portato nei giorni scorsi al fermo per terrorismo internazionale del 20enne somalo, noto come Anas Khalil, si fa riferimento alla permanenza dell’indagato per qualche mese nella “Casa delle culture” in via Barisano da Trani, al quartiere San Paolo di Bari. Le due associazioni spiegano che quella struttura non è uno Sprar.

“È bene ricordare – dicono Luca Basso e Francesco Monopoli, presidenti rispettivamente di ARCI Barie di Etnie Onlus – che gli Sprar sono progetti del Ministero degli interni e che gli inserimenti in accoglienza avvengono su segnalazione del Ministero stesso; all’interno degli Sprar i beneficiari sono seguiti quotidianamente da operatori specializzati e dunque attività strane e condotte particolari sono facilmente individuabili”. Proprio per questo Arci Bari ed Etnie sottolineano la “forte preoccupazione per la paventata riduzione dei progetti di seconda accoglienza, che avrebbe come prima, naturale conseguenza una drastica diminuzione del monitoraggio e della gestione di eventuali situazioni problematiche legate, ad esempio, alla criminalità e terrorismo”.

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