Nelle prime ore di oggi polizia e carabinieri hanno eseguito 27 ordini di esecuzione pena (per complessivi 222 anni) emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, che ha confermato l’intero impianto accusatorio del processo a carico di Angelo Asseliti e altre 32 persone, rendendo definitive le pesanti condanne emesse dalla Corte di Appello di Bari, nei confronti di 27 imputati, appartenenti ad un sodalizio criminale armato dedito al traffico di sostanze stupefacenti ad Andria.
Le attività investigative si sono concluse il 7 febbraio 2014 con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli esponenti di vertice ed i fiancheggiatori del clan “Pesce Pistillo”. L’indagine ha ricostruito le attività illegali del gruppo criminale organizzato prevalentemente su base familiare, chiamato convenzionalmente gruppo “Pistillo-Pesce”, continuativamente e stabilmente dedito al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Il gruppo – composto prevalentemente da personaggi dediti da sempre ad attività illegali – si sarebbe strutturato nella sua attuale configurazione a partire dal 2004 per iniziativa e volontà di Francesco Pistillo che, pur detenuto per gravi fatti di sangue a partire dal 2000 (condannato per l’omicidio dell’ex boss Agostino Pastore, avvenuto ad Andria nel settembre del 2000), avrebbe fatto valere la sua autorità e preminenza gerarchica tramite i suoi familiari rimasti a piede libero.
In particolare, l’associazione operava mediante la fornitura ingenti quantitativi di droga i finanziata mediante la creazione di una cassa comune. Il controllo, anche con l’uso delle armi e con la forza intimidatrice derivante dal numero e dal personalità delinquenziale dei componenti del gruppo organizzato, di zone territoriali della città di Andria ove esercitare in maniera esclusiva l’illecita cessione al minuto di tali sostanze. La formazione di squadre per lo spaccio al minuto, dotate di mezzi di trasporto e di comunicazione e con ripartizione di compiti tra coloro che detengono e cedono materialmente la droga, coloro che raccolgono i proventi e coloro che vigilano sulla zona di spaccio come vedette.
La tenuta di una accurata contabilità dei costi e degli introiti, con controlli incrociati tra i principali esponenti dell’associazione, allo scopo di assicurare una equa ripartizione dei proventi illeciti, nonché la corresponsione di quote di profitto anche ai promotori e ai soci che si trovino o vengano a trovarsi in stato di detenzione. L’associazione operava prevalentemente nella zona del quartiere popolare San Valentino e nella parte antica della città, piazza Manfredi.