Gli ex dirigenti del Foggia calcio, il ds Giuseppe di Bari e il tecnico Roberto de Zerbi (ora mister del Sassuolo in A), “lungi da denunciare, come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate, abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta”. È quanto emerge dagli atti sulla mafia foggiana: i clan avrebbero imposto alla società l’ingaggio di 2 giocatori, tra cui il figlio di un boss. E’ quanto rivela l’Ansa.
L’imposizione subita anche da mister de Zerbi da parte dei clan mafiosi foggiani è contenuta nel provvedimento del gip del Tribunale di Bari Francesco Agnino che ha portato all’arresto per mafia di 30 affliati a diverse “batterie” della “Società Foggiana”. Le indagini della Dda di Bari hanno rivelato che tra il 2015 e il 2016 i clan foggiani avrebbero imposto l’ingaggio di due giocatori, “pur non dotati di qualità sportive significative”: Antonio Bruno, figlio del defunto boss Rodolfo, e Luca Pompilio, che da subito fu dato in prestito al Melfi (Potenza) dove gioca tuttora. Il pregiudicato Francesco Pesante, tra i destinatari della misura cautelare, avrebbe detto direttamente al figlio dell’ex presidente della società calcistica, Antonio Sannella (suo padre Fedele è stato arrestato nei mesi scorsi per riciclaggio), “vengo giù agli spogliatoi e prendi un sacco di botte, ti do forte”. Gli indagati potevano “contare – aggiunge il giudice – anche dell’appoggio della tifoseria foggiana e, più in generale, degli sportivi”.