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Bari, il palazzo della morte di Japigia: “Ventuno inquilini uccisi dalla vecchia discarica di via Caldarola”

Pubblicato da: redazione | Ven, 23 Novembre 2018 - 09:31

Ventuno inquilini di una stessa palazzina nel quartiere Japigia di Bari sarebbero morti per tumori causati dalle sostanze tossiche provocate dai continui roghi della ex discarica comunale di via Caldarola, dismessa e bonificata ormai da 30 anni. È un quadro epidemiologico che “richiama fortemente quello riscontrato nelle aree della cosiddetta terra dei fuochi”. Questo l’esito delle indagini avviate circa un anno fa dalla Procura di Bari, concluse con una richiesta di archiviazione perché è trascorso troppo tempo da fatti.

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Per il pm Baldo Pisani, infatti, è trascorso troppo tempo per perseguire penalmente il reato di morte come conseguenza di altro reato, ipotizzato a carico di ignoti. I familiari di alcune delle vittime – che abitavano tutte in uno stesso stabile di via Archimede 16 – hanno però fatto opposizione. Stando alle indagini dei carabinieri, coordinate dalla magistratura barese, supportate da una consulenza tecnica e da accertamenti affidati all’Arpa, 21 dei 27 decessi per neoplasie rare avvenuti a partire dalla metà degli anni Novanta sarebbero attribuibili alla “esposizione dei condomini ad una sicura fonte di inquinamento ambientale rappresentata da prodotti di combustione provenienti dall’area oggi occupata dalla collinetta ecologica”.

“La vicinanza del condominio con l’area della ex discarica, – si legge negli atti – non più di 300 metri, l’assenza di altre costruzioni interposte e l’azione dei venti, hanno favorito il convogliamento delle sostanze inquinanti e la loro aero-dispersione verso gli alloggi”, i primi costruiti in quell’area e quindi più a lungo esposti. La discarica, su suolo di proprietà del Comune di Bari, era gestita dall’Amiu. È stata dismessa nel 1971. A seguito di “continui incendi per autocombustione” è stata poi bonificata tra il 1989 e il 1997. La Procura ritiene che “la responsabilità sulla vigilanza del sito sia attribuibile in solido all’Amiu e al Comune di Bari, in persona dei loro rappresentanti pro tempore dal 1962 al 1988”, i sindaci e i direttori Amiu dell’epoca, ma “le condotte sono assai risalenti nel tempo per essere perseguibili penalmente, anche oltre trent’anni or sono, e dovrebbero essere individuate nel periodo precedente all’attuazione del piano di recupero della discarica e della mancata predisposizione delle misure di salvaguardia atte ad evitare gli incendi per autocombustione”.

“Oggi non vi sono all’interno della costruzione elementi di pericolo per la salute degli abitanti”. È scritto nella consulenza tecnica disposta dalla Procura di Bariper accertare l’origine dei tumori che hanno colpito gli inquilini del palazzo in via Archimede 16, nel quartiere Japigia di Bari, e che sarebbero attribuibili ai roghi avvenuti fino a trent’anni fa nella ex discarica di via Caldarola. “Le analisi condotte sulla costruzione e sul terreno circostante – rassicurano i tecnici – hanno escluso la presenza attuale o pregressa di sostanze radioattive o idrocarburi dispersi così come stata esclusa una contaminazione dell’acquedotto”. Tuttavia “durante i rilievi – dice ancora la consulenza tecnica – è stata identificata una ulteriore minaccia per la salute dei condomini rappresentata dalla presenza di muffa, specie sul lato nord. Tale presenza costituisce una lesione del diritto alla salute dei residenti paragonabile a quella delle neoplasie e meritevole di intervento immediato”. Con riferimento alla causa dei tumori i tecnici ritengono “verosimile che composti organici cancerogeni oramai scomparsi dall’ambiente siano stati assorbiti dagli abitanti scatenando le neoplasie”. Gli accertamenti tecnici sul palazzo hanno consentito di individuare sull’intonaco del lato ovest la presenza della diossina OCDD, tipica dei fumi di combustione.

“Si tratta quindi di un componente depositato nel tempo sulla superficie dell’intonaco – si legge negli atti – che non è pericoloso ma testimonia un’esposizione a ripetute emissioni di fumi di combustione di diversa natura, derivanti dalla discarica Caldarola che storicamente datano ad almeno 25 anni fa. Da quel periodo è verosimile che gli altri composti tossici presenti sulla parete esterna siano stati degradati dagli agenti atmosferici, mentre quelli che sono penetrati all’interno delle costruzioni siano stati assorbiti dagli abitanti ed abbiano scatenato, coll’andare degli anni, le malattie di cui oggi si indaga”.

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