Il primo ricovero per morbillo nell’ospedale pediatrico di Bari risale al 23 ottobre scorso, l’ultimo, una donna adulta ricoverata al Policlinico, al 9 novembre. Tra questi due casi altri sei pazienti, quattro minorenni e due adulti, hanno contratto il virus. Tra almeno sette degli otto casi ci sarebbe un collegamento. L’indagine interna avviata dalla direzione sanitaria dell’ospedale e riportata dall’Ansa sta andando avanti celermente per ricostruire la catena dei contagi, alcuni dei quali potrebbero essere avvenuti prima ancora dei ricoveri, e altri potrebbero essere stati ingenerati dal contatto nel reparto dell’ospedale da una bambina, figlia di genitori no-vax.
Nel dettaglio, la prima bambina ricoverata con morbillo, di 8 anni (e non 10), è stata nel reparto di malattie infettive del Giovanni XXIII dal 23 al 27 ottobre. Il fratellino di 11 anni è stato ricoverato con gli stessi sintomi il 1 novembre (entrambi i fratelli sono stati già dimessi), e lo stesso giorno è stato ricoverato un cuginetto di 2 anni. Il 6 novembre, poi, è toccato ad un altro cugino di 16 anni.
Si tratta quindi di quattro minori imparentati tra loro e tutti non vaccinati. Il 23 ottobre era stato ricoverato per altri motivi anche un bambino di 11 mesi, che poi in ospedale avrebbe contratto il virus del morbillo e che sarà dimesso nelle prossime ore. L’8 novembre, poi, sono stati ricoverati al Policlinico un uomo, un addetto alla sorveglianza in servizio nel reparto di malattie infettive dell’ospedale pediatrico e la mamma del bimbo di 2 anni. Il giorno dopo, infine, un’altra donna è stata ricoverata con diagnosi di morbillo ma la sua situazione sembrerebbe slegata dalla catena di contagi che ha coinvolto gli altri sette. L’indagine interna condotta dal direttore sanitario Matilde Carlucci sta anche accertando i tempi della notifica dal pediatrico al dipartimento di prevenzione della Asl di Bari. Sembrerebbe confermato il ritardo nella comunicazione del caso indice, quello della bimba di 8 anni, avvenuta solo in data 5 novembre. “Siamo al lavoro con la Asl anche per rivedere l’organizzazione e snellire il protocollo” spiega Carlucci.