“Siamo all’ultimo miglio, sono state 18 ore di trattativa in cui i protagonisti sono stati ovviamente i rappresentanti dei lavoratori, in cui si è cercato di raggiungere il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili. Adesso aspettiamo la firma, non dire gatto se non ce l’hai nel sacco…”. Così il vicepremier e ministro Luigi Di Maio, al termine della riunione fiume al ministero per lo sviluppo economico tra i sindacati dei metalmeccanici e i rappresentanti di Arcelor Mittal.
Una riunione che ha portato all’accordo per il passaggio del colosso siderurgico e della grande acciaieria di Taranto nelle mani della multinazionale franco indiana. “Gli assunti sono tutti, si parte da 10.700 che è molto vicino al numero di lavoratori che oggi sono dentro e c’è l’impegno di assumere tutti gli altri fino al 2023 senza nessuna penalizzazione su salario e diritti, era quello che avevamo chiesto”, ha commentato la segretaria Fiom, francesca Re Davd.
Assunzione immediata, quindi, di 10.700 lavoratori, anziché i 10 mila previsti dal primo accordo, e quella entro il 2023 dei restanti. Non solo. “L’azienda – sottolinea sempre Re David – si è impegnata ad assumere tutti gli altri che restano in carico all’Ilva senza penalizzazioni e con l’articolo 18 ed è molto migliorato anche il piano ambientale che porta all’accelerazione delle coperture dei parchi e a un limite fortissimo delle emissioni”.
Piano ambientale che, però, non convince una parte della città, a cominciare dalle associazioni del territorio, che parlano di “tradimento” del mandato elettorale rivolto col voto ai 5 Stelle e a Di Maio, che chiedeva la sostanziale chiusura e riconversione della fabbrica. Genitori tarantini e i Verdi sono i primi a scagliarsi contro l’accordo, che non cambierebbe nulla per il futuro della città e i suoi malati. “Taranto è stata presa in giro” ha commentato in una conferenza stampa il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli.
Ora, l’accordo, comunque storico, sarà al vaglio degli stessi lavoratori che entro il 15 settembre si esprimeranno attraverso un referendum di fabbrica.