Un prelievo di sangue da incubo per un bambino di nove anni e per la sua mamma. A raccontarlo è la stessa mamma che pochi giorni fa si è recata all’ospedaletto Giovanni XXIII per effettuare un’analisi ai suoi due bimbi. Ecco la sua denuncia:
“Ho portato mio figlio per il controllo del sangue. Gli hanno infilato l’ago, ma non usciva sangue. Lui ha cominciato a spaventarsi, ad urlare, a dimenarsi al punto tale che ho deciso di andarmene – ci racconta – ma una delle addette che stava al computer durante le analisi si è alzata e mi ha detto che l’esame doveva essere fatto e che dovevo uscire perché se la sarebbero vista loro”.
La mamma aveva deciso di rinviare il prelievo, aspettando un altro giorno che il bambino (con ritardi nel linguaggio, disturbi neurologici e spettro dell’autismo) si potesse calmare. “Mi ha iniziato ad urlare contro – continua la mamma – ma io dico, perché mi devono obbligare a fare degli esami se mio figlio sta in una condizione di spavento. Poi è arrivato mio marito e ha iniziato ad alzare la voce. Alla fine ce ne siamo andati. Io non accetto le offese, hanno detto persino “tanto noi lo stipendio lo prendiamo lo stesso”. Ogni volta che vai in quell’ospedale è un continuo. Là devono cambiare le cose. Non ci torneremo più, meglio i privati”.