Al Policlinico di Bari è stato eseguito un trapianto di rene incrociato (modalità cross-over) che permetterà di allungare la vita di quattro persone, evitando loro la dialisi, con l’utilizzo di un solo organo da donatore deceduto.
Il programma seguito, che si chiama ‘Deck’ (DECeased-Kidney) e prevede l’uso di organi da donatore deceduto, ha innescato una catena di trapianti tra coppie immunologicamente incompatibili. Un aiuto importante per implementare i trapianti di rene da donatore vivente tra persone che, anche se legate affettivamente, sono spesso incompatibili tra loro.
“In questo caso, invece – spiega il coordinatore del centro trapianti del Policlinico di Bari, Loreto Gesualdo – la disponibilità di un donatore da cadavere di Genova ha permesso l’innesco della catena con trapianto di un ricevente di Padova la cui moglie, di 47 anni, ha messo ieri a disposizione il suo rene per una donna ricevente pugliese il cui marito, l’11 settembre, donerà a sua volta ad un’altra coppia incompatibile padovana. Il rene della coppia padovana sarà donato ad un ricevente in lista d’attesa da cadavere, che chiuderà la catena”.
La dottoressa Furian, della unità di Chirurgia dei trapianti di rene e pancreas dell’ospedale padovano, spiega che “si è innescata una catena” grazie al fatto che “un paziente ha potuto ricevere un organo da un soggetto deceduto e in questo caso la donatrice che voleva donare, ma il cui organo non era compatibile, ha donato ad un altro soggetto che a sua volta aveva un donatore con lui incompatibile”.
Ad eseguire per la prima volta in Puglia questo tipo di intervento è stata l’equipe del professor Michele Battaglia, direttore del Centro trapianti di rene del Policlinico. L’organo per il trapianto eseguito a Bari è arrivato a bordo di una auto della polizia stradale di Padova ed è stato trapiantato martedì pomeriggio. “La donna – afferma Battaglia – è già in ottime condizioni e ha avuto una ripresa funzionale dell’organo”. La modalità detta cross-over (in cui tra pazienti avviene uno scambio di donatori viventi) è innescata da donatori cosiddetti samaritani, che compiono il loro atto d’amore al di là di un legame affettivo con il paziente. Questi ultimi casi sono però molto rari: dal 2015 ad oggi in Italia si sono verificate appena cinque donazioni samaritane che hanno consentito di avviare altrettante catene di trapianti. Ne dà notizia l’Ansa.