“Ridurre il tragico incidente di ieri in cui hanno perso la vita quattro braccianti stranieri a mera fatalità significa voler chiudere gli occhi di fronte allo strapotere dei caporali nelle nostre campagne. Un’altra stagione di raccolta del pomodoro sta finendo e poco o nulla è cambiato nelle condizioni di sfruttamento cui sono costretti migliaia di uomini e donne, che contribuiscono alla ricchezza del settore agricolo pugliese”. Il segretario pugliese della Cgil, Pino Gesmundo, commenta così la tragedia avvenuta sabato scorso sulle strade del Foggiano dove quattro ragazzi, braccianti, tutti di origine africana, sono morti per un incidente stradale dopo aver terminato una giornata di lavoro nei campi, dove hanno raccolto pomodori.
Si tratta di ragazzi, giovanissimi, Amadou Balde (Guinea Bissau) di 20 anni; Aladjie Ceesay (Gambia) 23; Moussa Kande (Guinea Bissau) 27 e Ali Dembele (Mali), il più grande, di 30 anni. Per loro e contro lo sfruttamento del caporalato, centinaia di braccianti hanno deciso di scioperare e manifestare mercoledì prossimo, con una marcia che partirà alle 8 da Torretta Antonacci (ex ghetto di Rignano), nel comune di San Severo, e si concluderà davanti alla prefettura di Foggia. Tutti indosseranno dei berretti rossi, come quelli che avevano sul capo i quattro ragazzi che hanno perso la vita tornando dal lavoro. Una marcia annunciata dal sindacato Usb e da uno dei componenti del coordinamento dei lavoratori agricoli del sindacato, Aboubakar Soumahoro. “La nostra è una battaglia per la tutela dei lavoratori e la rivendicazione dei loro diritti, negati in Puglia come in Calabria, in Piemonte o nel Lazio. Per questi diritti si batteva Soumaila Sacko, ucciso nella piana di Gioia Tauro il 2 giugno scorso, per questi diritti combattevano i braccianti morti sabato, organizzandosi per sfuggire alla schiavitù del caporalato e alle vessazioni dei cosiddetti imprenditori agricoli. Saremo al fianco dei lavoratori dei campi – aggiunge, lo saremo il 22 settembre presentando proprio a Foggia la piattaforma e il programma di lotta Usb sul lavoro agricolo”.
“Le condizioni dei lavoratori sottoposti a grave sfruttamento in agricoltura sono note – rilancia, invece, Gesmundo – e anche sottolineate nell’ultimo rapporto sulle agromafie dell’Osservatorio Placido Rizzotto dell Flai nazionale. L’orario medio va da 8 a 12 ore di lavoro al giorno. Nessuna tutela e nessun diritto garantito dai contratti e dalla legge; una paga media tra i 20 e i 30 euro al giorno; lavoro a cottimo per un compenso di 3/4 € per un cassone da 375 chilogrammi; un salario inferiore di circa il 50% di quanto previsto dai contratti. I lavoratori sotto caporale devono pagare anche il trasporto a secondo della distanza, mediamente 5 euro. Trasporti che avvengono non con le necessarie misure di sicurezza – aggiunge – , spesso stipati più del consentito in questi furgoni che a decine e decine attraversano in questi giorni le campagne del Foggiano e non solo. La legge 199 fortemente voluta dal sindacato di contrasto al caporalato sta funzionando sotto l’aspetto repressivo ma poco o nulla si è riuscito a fare nel fornire servizi legali ai lavoratori, dall’accoglienza all’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro fino proprio si trasporti. Senza un intervento pubblico – conclude – su questi tre aspetti continueranno a proliferare i caporali” (Foto Ansa).